venerdì 23 giugno 2006

The Clash - London CallingMica lo so se ne farò un'abitudine - tanto per fare cyber, un tag - o resterà una notte così, di quelle che ringraziando gli dei ogni tanto ti capitano. Sta di fatto che è un po' che vengo considerando la musica che mi gira intorno, citando il buon Ivano, e non mi sento granché soddisfatto. Probabile che sia un problema di età, direte voi, e non credo avrete molto torto, ma non credo sia solo quello. Adottando per un momento familiari categorie simmeliane, mi sembra di sentire la Vita che abbandona l'ennesima Forma lucida e iperconfezionata, mi sembra di vibrare sempre meno di quelle good vibrations che un tempo evocavano falò sulla spiaggia e tavole da surf (mai viste dal vivo, almeno da noi) e oggi, invece... Va bene, sarò pure blasé, years take their toll, ma non credo così tanto da non riuscire più a provare solo per colpa mia quei colpi di fulmine che anni fa venivano spontanei, fitti come tempeste. L'amante di musica è un amante infedele, che passa(va?) di sbandata in sbandata. Ecco perché ho deciso di celebrare le "donne facili" che mi hanno reso dolce la vita lungo questi anni e ne è venuto fuori un abbozzo di classifica, un po' alla Hornby, di quelle cose compulsive tipo "quali 10 dischi porteresti su un'isola?" Andando sull'isola, credo che mi lascerei dietro parecchie cose, tra cui LP ed MP3. Restando, opterei più per una hit parade emozionale, dieci Madeleines proustiane che sin dalle prime note rievocano anni, stagioni, profumi, amori, paure. Non che ci abbia pensato ininterrottamente, ho lasciato fare al mio fido archivista nei recessi delle sue stanze zeppe di cose di cui credo di non ricordarmi più e una bella sera, oggi, mi sono accorto che volevo andare in giro in macchina sparandomi una manciata di buon umore in forma di note, accompagnato da quello che, con una certa sorpresa, ho scoperto occupare il numero uno. Lo definirei, in armonia con Joe Panther, la discesa di uno Spirito santo tossico su un gruppo di scalmanati che in un istante hanno tratto un diamante dalla cenere delle canne e da altri resti meno presentabili... A questo punto direi che le parole si fanno, tanto per cambiare, inutili. Non c'è che consigliare una corsa a finestrini cancellati (meglio in decappottabile, potendo ) accompagnati da questi 19 capolavori e poi se ne potrebbe riparlare. In rappresentanza, ho scelto uno di quei brani che vengono definiti, dagli addetti ai lavori, anthems, che li senti e sei al climax dello scontro, quando il Bene sta finalmente per trionfare e ci vuole la giusta fanfara. In questo caso non so se sia proprio il bene, ma il pieno strumentale epico c'è tutto. The Card Cheat, mesdames et messieurs

There's a solitary man crying, "Hold me."
It's only because he's a-lonely
If the keeper of time runs slowly
He won't be alive for long!

If he only had time to tell of all of the things he planned
With a card up his sleeve, what would he achieve?
It means nothing!

From the opium den and the barroom gin
And the Belmont chair playing violins
The gambler's face cracks into a grin
As he lays down the king of spades

But the dealer just stares
There's something wrong here, he thinks
The gambler is seized and forced to his knees
And shot dead
Joe Strummer 1952-2002 RIP
He only wanted more time
Away from the darkest door
But his luck it gave in
As the dawn light crept in
And he lay on the floor

From the Hundred Year War to the Crimea
With the lance and the musket and the Roman spear
To all of the men who have stood with no fear
In the service of the King

Before you met your fate be sure you
Did not forsake your lover
May not be around anymore

(Slower)
There's a solitary man crying, "Hold me."
It's only because he's a-lonely
If the keeper of time runs slowly
He won't be alive for long

giovedì 22 giugno 2006

Quando sei nato non puoi più nascondertiUna di quelle esperienze che lasciano il segno. Al rientro dall'ennesimo convegno - stavolta a Parigi, mi sento sempre più "Il professore va al congresso" - viaggio del quale darò conto in post successivi, viste le belle foto fatte al museo Rodin, senza un attimo di tregua mi sono beccato questa recente fatica di Marco Tullio Giordana che, forse anche per la stanchezza della giornata, mi ha piuttosto colpito, tanto che ho deciso di usarla per l'avvio del corso di Foligno l'anno prossimo. Ho visto di sfuggita che la critica non ne è rimasta convinta. Prescindendo dal fatto che il mestiere di critico mi ha sempre colpito per la sua vocazione parassitaria, può anche darsi che cinematograficamente la pellicola abbia dei problemi. Alcuni li ho riscontrati anch'io, soprattutto nella parte dedicata al centro d'accoglienza, un po' troppo villaggio vacanze e volemose bbene per essere vero e forse anche nella fortuna sfacciata del bimbo che è all'origine della trama. Essendo però stato baciato da una fortuna simile (sebbene molto, molto in minore :o) di recente, sono più che disposto a transigere su queste eventuali ingenuità e a concedermi viceversa un caloroso chapeau per il coraggio e il protratto impegno civile/civico del regista e dei suoi attori prediletti (abbiamo di nuovo Alessio Boni, appena meno isterico del solito ). Il tema è irto, l'idea intelligente e alcune scene, come il riconoscimento al centro di cui sopra, sono di rara potenza. Disvelano abissi in noi dei quali sarebbe tempo di prendere atto, inadeguatezze vili che addobbiamo di derivazioni più o meno sostanziose, ma che restano lì in agguato e che riconosciamo nei momenti di imbarazzo. Quando il padre riconoscente non sa far di meglio che offrire denaro e un cellulare ed esita ad accogliere in seno alla sua famiglia coloro che gli hanno restituito il figlio. Quando lo stupore per lo scenario del centro non può liquidarsi solo come ipocrita, ma è piuttosto la realtà che irrompe senza freni (con tutto che l'ambiente è abbondantemente edulcorato) in una vita chiusa in rappresentazioni securizzanti ed è come sempre difficile dare la colpa a qualcuno, difficile dire "saprei fare di meglio"... La scelta del bambino come sguardo sul mondo e il gioco di sguardi che l'esperienza sulla carretta del mare induce in lui sono notevoli, come l'espressione del prete alla richiesta innocente di pregare, un'espressione che dice interi discorsi in un istante. E il bambino come realtà scomoda aggiunge la freschezza e la vicinanza dei suoi occhi all'"oggettività" di un contesto all'esperienza diretta. E' sempre un bimbo che scopre che il re è nudo e svela le ragnatele dell'astrazione e dell'autoillusione in cui gli adulti eccellono e si avviluppano senza sosta - lasciando in pace, magari, il bambino pascoliano che è in noi, che mi ha leggermente scassato
Ti amo in tutte le lingue del mondoAh già, prima di partire, quindi giovedì scorso, avevo visto anche il buon Pieraccioni replicare la solita trama, anche se con brio rinnovato e trovate decisamente divertenti. Al contrario di quello sopra, è proprio un film che consente di mettere il cervello in folle per un paio d'ore, guardare il povero Cristo impacciato e dire "Io farei molto, molto meglio", possibilmente sorridendo di traverso e guardandosi intorno per cercare eventuali testimoni a supporto. Notevole Panariello, forse perché irriconoscibile.

lunedì 12 giugno 2006

L'esorcista - La genesiUna storia lunga e sfigata, quella di padre Merrin, devo dire. Dalle atrocità naziste agli stermini nel deserto, per finire poi con una piccola mostruosa creatura sfasciacase, non è male come traiettoria Nel complesso, però, un film che si lascia vedere. Non entusiasmante, come testimoniano anche i due giorni di ritardo nel post , ma accettabile, con momenti interessanti e notevoli rimandi simbolici, sui quali si potrebbe spendere qualche parola... Un'altra volta, magari.

sabato 10 giugno 2006

Non so se qualcuno ha avuto la (s)fortuna di sentire l'ultima pubblicità radiofonica di una nota marca di motorini italiana, quella per cui il povero Giorgio Gaber si starà senz'altro rivoltando nella tomba  Ho notato con piacere che, al di là di quelli che amministrano i diritti delle sue canzoni, qualcun altro deve conservare sdegno e voce sufficienti per imporre ai creativi della ditta stessa un drastico cambiamento di rotta! Continuano purtroppo a usare la canzone, ma il testo e il modo di impiegarla sono decisamente diversi, ipocritamente rispettosi della mira ideale...


Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.


Come un uomo appena nato che ha di fronte solamente la natura
e cammina dentro un bosco con la gioia di inseguire un’avventura,
sempre libero e vitale, fa l’amore come fosse un animale,
incosciente come un uomo compiaciuto della propria libertà.


La libertà non è star sopra un albero,Giorgio Gaber
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.


Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia
e che trova questo spazio solamente nella sua democrazia,
che ha il diritto di votare e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà.


La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche avere un’opinione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.


La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.


Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto che si innalza con la propria intelligenza
e che sfida la natura con la forza incontrastata della scienza,
con addosso l’entusiasmo di spaziare senza limiti nel cosmo
e convinto che la forza del pensiero sia la sola libertà.


La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche un gesto o un’invenzione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.


La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

lunedì 5 giugno 2006

La febbreSono talmente giù di voglia, in generale, che non riesco neanche a tenere dietro ai post meno impegnativi, come quelli dei film visti. E siccome, a causa della scarsa voglia, ne vedo parecchi ecco che ci troviamo in un divertente paradosso Anyway, sulle orme di Alfieri darò conto del passatempo di ieri sera, filmetto che vedete qui accanto e a proposito del quale dovrò essere onesto: mentre lo vedevo, come un vino ruffiano, si lasciava guardare con brio e partecipazione: come dire, andava giù una bellezza In seconda battuta, qualche piccola questione la solleva: l'uso liberale di stereotipi, il tratteggiare i personaggi con un po' troppa didascalia, il vissero tutti felici e contenti che, come si è visto, non va di moda neanche più a Hollywood... Non so, non lo metterei tra le cose peggiori fatte dal nostro cinema, lo userei piuttosto per indicare quali sono i suoi difetti più fastidiosi e su cosa lavorare per superarli. Ah, la colonna sonora non è affatto male

domenica 4 giugno 2006

X-Men Conflitto finaleViviamo in tempi spietati Dopo lo stillicidio dell'ultimo capitolo de La torre nera di Stephen King, rieccoci davanti a morti e cambiamenti tragici da cui la filosofia dell'happy ending ci salvaguardava da molto tempo. E per di più contenti di esserci Contenti di restarci male, quando una chiave di volta contro ogni previsione esplode in mille frammenti lasciandoci destabilizzati e irrequieti, quando l'amore non salva ed amore e morte si riscoprono affini, numinosi e potenti. Direte: che grandi temi per un pugno di fumetti sbattuti davanti alla videocamera! E direte male, con la solita spocchia italica per cui fumetto non è cultura e cinema americano è solo azione, sesso (sempre meno, tra l'altro *sigh & grin*) e cliché. Stavolta errore! Come dicevo altrove, dietro ai visi degli X-Men si nascondono mille variazioni del tema dell'Altro e mai come in questo episodio diversità, malattia e pregiudizio mostrano le sottili, resistenti connessioni che li legano in una stessa costellazione. Credo che l'idea di "curare" Icaro dalle sue splendide ali renda alla perfezione l'incapacità della ragione di incorporare perfino i miti che di lei stessa parlano, l'incapacità di vedere al di là dello stabilito, insulso, atteso e chi più ne ha più ne metta! E poi Wolverine come sempre è fantastico, Halle Berry-Ororo è una festa per gli occhi e Fenice... Beh, Fenice la si può solo guardare in silenzio, stavolta

sabato 3 giugno 2006

VolverDopo la buca perugina della settimana scorsa, sono infine riuscito ad andarmi a vedere Volver In linea col titolo, è un film di ritorni. Quello che mi ha colpito di più - mancandomi una serie di notizie da biografo: Almodovar mi piace, ma senza esagerare! - è quello allo stile dei primi tempi, sottolineato dalla presenza di Carmen Maura, rentrée di classe anche se il tempo non è stato particolarmente clemente. Un'atmosfera primaria, di vicinato, colori vivi ed energici, poco raffinati, un po' alla Fassbinder; una trama psicanalitica e matriarcale, dove l'uomo è chi possiede e chi stupra, anonimo, irrelato; in qualche misura onirica, dove gesti e situazioni che potrebbero avere ripercussioni del tutto diverse e drammatiche vengono vissuti con leggerezza, quasi con distrazione o, perfino, sollievo. Film, anche, giocato in massima parte sulla bravura e la bellezza di Penelope Cruz, a tratti splendida, quintessenza della femminilità venerata, con qualche eccesso, dal regista.

giovedì 1 giugno 2006

Il castello errante di HowlVeramente un balsamo, questi film di Hayao Miyazaki! Dovrò mettermi lì buono buono e trovare tutto quello che è uscito in Italia o nazioni altimenti comprensibili, perché è un'esperienza che ritempra. Dà nuova linfa a un ottimismo trascendente che soffre continuamente scacchi e umiliazioni e a volte è incapace di reggere il confronto col mondo, una teodicea laica e sconfitta dal montare indifferente della meschinità. Film meno "libero" da messaggi politici de La città incantata, Il castello errante di Howl è comunque visionario ed onirico, ricco di personaggi adorabili, di umorismo e pause di riflessione su un mondo che - per quanto voglia spacciarsi per il nostro, almeno nei suoi aspetti peggiori - resta incomparabilmente più bello e incantato! Basta pensare allo spirito con cui Sophia (toh, che strano che un giapponese ricorra all'antico nome cataro della Saggezza, non trovate? ) affronta la maledizione della Strega delle Lande, al suo cuore immenso, per essere a eoni di distanza dai costumi correnti. Landa triste e grigia dove avere per amico uno spaventapasseri dalla testa di rapa sarebbe uno straordinario passo avanti...