lunedì 30 giugno 2008

E venne il giornoEra un po' che non andavo al cinema, come avrete notato Viaggi - presto le foto di Parigi e se ce la faccio anche qualcosa sulla Festa della Musica - serial, vita sociale, sfinimento... Un sacco di ragioni, insomma. Mi è sembrato opportuno un ritorno alla grande e così sono andato a vedere E venne il giorno. E' da ieri che mi interrogo. Non ne sono ancora venuto a capo. Certo è che dopo aver letto le prime righe della recensione di MyMovies ho avuto un moto di fastidio, il che mi fa pensare che non mi sia piaciuto granché. La recitazione è perplimente, per citare Rokko Smitherson: lunghi silenzi, sfasatura apparente, rari picchi di espressività. E, da quanto ho letto in un'intervista con Shyamalan, immagino non sia colpa di Mark Wahlberg o di Zooey Deschanel: devono entrarci le direttive del regista. La storia... non lo so, la mia stima per il genere umano sta crollando a picco, da un po', e che qualcuno mi rifaccia notare quanto siamo impressionabili, illogici, condizionabili e impauriti mi dà perfino sui nervi. Per non dire della spiegazione didascalica del fenomeno spaventoso, buttata lì senza troppe elaborazioni, corpo estraneo in quella che si vorrebbe un'atmosfera di terrore impalpabile. Direi che così all'impronta è tutto quello che mi viene in mente. Certo, si potrebbe parlare del livello di paura che sale, tirare in ballo tante belle chiavi di lettura. Ma stavolta sarebbe solo un esercizio di stile. Il film di suo ci mette gran poco.

giovedì 26 giugno 2008

Le ultime intercettazioni di Berlusconi

Ora per fortuna il Presidente del Consiglio porrà fine a questo scandalo (le intercettazioni, non le raccomandazioni o l'esclusivo perseguimento del suo interesse privato a scapito di qualsiasi altra cosa). Un po' come risolvere il problema degli incendi estivi abbattendo i boschi invece di arrestare i piromani. O il problema dei rifiuti vietando la vendita delle merci... Oddio, a pensarci bene questa non sarebbe un'idea malvagia

venerdì 13 giugno 2008

Uno dei motivi per cui si usa il termine "stratificazione" parlando dello spazio sociale sta nella sua natura neutra, che sembra suggerire un'ineluttabilità che nulla ha a che fare con la volontà e l'azione umane. Chissà se le lamentele sulla corsa inarrestabile dei prezzi di carburanti e alimenti c'entrano niente con questa strategia...
Morti bianche, altre tre vittime
A maggio l'inflazione al 3,6%, 5,4% per la spesa


Intanto per fortuna hanno regolamentato la questione delle intercettazioni...

giovedì 5 giugno 2008

C'è da dire però che gli uomini che si muovono, in questa società, non fanno altro che imbrogliare la gente, raccontare frottole, scavalcare i colleghi per ottenere vantaggi, minacciare con arroganza e fare pressione con furbizia. Perfino i liceali tentano di seguire tali esempi, convinti che soltanto con questi mezzi potranno ottenere rispetto, che soltanto in questo modo diventeranno dei gentiluomini, e vanno fieri di azioni di cui in realtà dovrebbero vergognarsi. Tutti questi individui, più che persone attive, sarebbe meglio definirli dei poco di buono. Io sono un gatto giapponese e ho un certo patriottismo. Ogni volta che vedo qualcuno comportarsi così mi viene voglia di riempirlo di botte. Per ogni individuo di questo tipo in più, il paese si indebolisce. Gli allievi cosiffatti disonorano una scuola, i cittadini di tal genere disonorano un paese. La cosa incomprensibile è che costoro nonostante tutto continuano a prosperare. Mi pare che il popolo giapponese non abbia la nobiltà di spirito di noi gatti.

Natsume Soseki, Io sono un gatto, Neri Pozza, 2006, pp. 385-386.
Don't Mess With the Warrior

lunedì 2 giugno 2008

domenica 1 giugno 2008

SanguepazzoSono sempre più convinto che Marco Tullio Giordana sia uno dei migliori registi italiani di questi anni. Uno di quelli che ti danno la sensazione positiva della grande scuola italiana senza gli stereotipi e la maniera che invece impazzano in molte altre pellicole. Con Sanguepazzo torna all'ambientazione storica, alla ricognizione romanzata del passato di cui La meglio gioventù è ormai canone, dando nuovamente prova di originalità e soprattutto di coraggio. Il film ricostruisce la vita di due star del cinema fascista, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, dagli esordi di questa fino all'esecuzione di entrambi per mano partigiana a Milano nel 1945. Una storia a tinte forti, dove Luca Zingaretti - di nuovo! - dà prova di una notevolissima gamma di capacità e chiavi espressive, liberandosi radicalmente dalla sindrome Montalbano. Perfino Monica Bellucci, nelle mani di Giordana, si avvicina quanto mai prima a essere un'attrice, per non parlare di Alessio Boni, feticcio del regista, che migliora di volta in volta le sue interpretazioni. L'eccesso che ha caratterizzato le vite dei due attori viene restituito con un realismo a volte violento, a volte indulgente, nel complesso molto equilibrato, com'è lo stile di Giordana. Ho però una perplessità, più che altro sull'epilogo e sulla per molti versi lodevole applicazione di intellettuali di sinistra alla "resa dei conti" con gli anni della Resistenza e della guerra civile strisciante del primo dopoguerra - penso in particolare a Pansa e al furor col quale si cimenta da anni con gli scheletri negli armadi della sinistra. Devo ammettere in primis di non riuscire a stupirmi di dinamiche oggi condannabili, ma allora - temo - perfettamente comprensibili e, soprattutto, di non riuscire a vedere in cosa questo modifichi il giudizio storico sulla Resistenza: non erano santi, e allora? Le questioni micro inficiano la dimensione macro dell'evento, la sua qualità fondante di una vita democratica nascente? Sono questi, credo, i punti su cui concentrarsi... Noto, di passaggio, che l'affievolirsi dell'aura resistenziale coincide con uno dei momenti più tristi e desolanti della storia patria, che la melassa indistinta che ci porta ad avere neofascisti ovunque nelle istituzioni cola anche da nobili tentativi troppo facilmente riducibili a una variazione colta del "sono tutti uguali",Alessio Boni e Luca Zingaretti in Sanguepazzo "Resistenza o Salò non c'è differenza" e via discorrendo. Come la radiosa idea che il 25 aprile sia la liberazione da tutti i totalitarismi. Di fatto è stata la liberazione dal nazismo e dai suoi sicofanti fascisti, con buona pace di Fini e Alemanno. I grandi discorsi privi di ogni fondamento logico suila hit parade dei milioni di morti, le purghe di Stalin o i kampi di Hitler, vanno bene per chi con Hitler ha avuto troppo a che fare o per gli "automi privi di memoria e di volontà propria" di cui è in larga parte composta la società italiana odierna (Serra dixit): la condanna di entrambi, per motivi diversi, non equivale all'assoluzione. Questo per dire che essere i soli a lavare i panni sporchi rischia di essere teoricamente auspicabile e praticamente catastrofico. Implicherebbe l'esistenza di una controparte lealmente impegnata a far lo stesso, della quale purtroppo non vedo ancora alcun segno all'orizzonte... Ciò non toglie che ognuno percorre la sua strada e segue il suo demone: a me Sanguepazzo è piaciuto molto, anche se il pensiero delle letture che se ne potranno dare un po' mi inquieta.