domenica 29 aprile 2012

Non è che ci sia molto da dire :) E' uno di quei film che, quando eravamo piccoli, avremmo celebrato all'uscita con maschi scontri tra noi e gesti simbolici di onnipotenza, perfetto per il periodo timoroso in cui viviamo. Tranquilli, mortali, ci sono un pugno di intrepidi con palle extrastrong che vi proteggeranno perfino contro un dio gracile lololol a questa scena applauso a scena aperta in sala! A essere onesto, temevo un po' il patchwork e in qualche misura avevo anche ragione; ma si tratta di piccoli difetti di cui ci si ricorda a posteriori quando vuoi scrivere una recensione, niente di significativo e anzi, la difficile convivenza tra supereoi viene spesso tratteggiata con un'ironia divertita che è un piacere. Per una volta direi senz'altro da vedere al cinema!
 
 Ah, sì, Ironman l'adoro! :D E' veramente un egocentrico all'ultimo stadio, litigioso e con enormi problemi verso l'autorità, ma Robert Downey Jr. l'ha reso un personaggio memorabile. Evitando lo spoiler, devo ammettere che alle ultime sequenze ho temuto...

venerdì 27 aprile 2012

Credo di poter dire che questo è il primo serial della nuova era che prima o poi dovrà iniziare per la nostra cultura. Di conseguenza posso anche affermare con quasi certezza che non andrà oltre la prima stagione, visto che i signori della produzione continuano a ragionare in termini quantitativi di ascolti attuali invece di rischiare ogni tanto di orientare quelli futuri. Poco male, ormai ci sono abituato. Mi contento di registrare i segni sempre più chiari del fatidico nuovo che avanza, che mostra i tratti familiari delle letture di Rifkin, con la sua civiltà dell'empatia ventura, e di Morin. In particolare Touch dev'essere scritto da qualcuno che ha una certa frequentazione con I sette saperi, perché ne è un'applicazione puntuale. Come fa, in effetti, a trovare un largo pubblico - largo come piace a lorsignori, ovviamente, perché ha nonostante tutto un discreto seguito - una serie che fa della condivisione e cooperazione le sue parole chiave e che sottolinea incessamente la posizione dell'uomo insieme-a le altre specie del pianeta? Sin dai titoli di testa, l'analogia suggerita tra il regno animale e la società umana è evidente e il rinvio a una trama comune, olistica, che lega ogni essere vivente (e probabilmente anche non vivente) è il filo rosso della serie.
 
Filo rosso di cui sono coscienti, guarda caso, personaggi che non parlano o parlano fuori dai canoni: autistici, come il figlio del mio adorato Kiefer Sutherland, aka Jack Bauer; folli visionari, come il Principe invisibile. La ragione come la intendiamo non gioca un grande ruolo in questa partita! A proposito del Principe invisibile, poi, c'è quasi di che farsi scappare la lacrimuccia: è uno che fa buone azioni stando rigorosamente attento a che i destinatari non lo sappiano, tanto per evitare che qualcuno lo accusi di egoismo travestito o di progetti di incremento del capitale sociale *lol* e investe Cavaliere invisibile il buon Kiefer per evidenti meriti sul campo. Una serie dove non muore nessuno e la missione del protagonista è alleviare il dolore nel mondo sacrificando il suo lavoro e la sua vita alla fede in un figlio che non parla è tutto sommato un atto di coraggio; che poi strada facendo tremino le vene ai polsi davanti alla perdita degli incassi previsti (previsti, e poi qualcuno mi dice che l'economia non è solo una grande derivazione à la Pareto!) oggi è normale. Ci vuole ancora pazienza, ma sempre meno, con un po' di fortuna!

domenica 22 aprile 2012



In un romanzo di Stephen King, uno dei protagonisti, parlando del suo ruolo, affermava: "Big chair, big responsibilities." E' un peccato che i politici in genere sembrino non leggere neanche King, perché forse si renderebbero conto di quanto siano squalificanti e misere le scuse che adducono per i loro fallimenti. Quand'anche fosse vero che non hanno alcuna colpa - e crederlo è arduo, a meno di non avere difficoltà cognitive - parte significativa del loro ruolo, del potere e dei privilegi che ne derivano, sta proprio nell'accollarsi la responsabilità, nel prestare il loro viso al destino cinico e baro o agli attori e processi che col loro agire li hanno ridicolizzati e sconfitti. E' impensabile che nazioni con un minimo residuo di coscienza civile accettino senza reagire ritornelli osceni come "non ne sapevo nulla", "è colpa dei mercati" o della congiuntura o dei vari complotti che il mondo non cessa di ordire ai danni di tante persone di specchiata virtù... Vorrei tanto qualcuno capace almeno di dire "sì, quei soldi li ho rubati perché da anni me lo lasciano fare e se lo meritano!" Potrei perfino votarlo.

sabato 21 aprile 2012

"All those moments will be lost in time like tears in rain. Time to die."

A volte il combinato disposto di MySky e del caso regala momenti ineffabili. In particolare in giornate in cui la risposta emotiva è di per sé molto forte, chissà perché. Dopo essermi emozionato per una serie di incontri su YouTube scaturiti dal riascolto di Station To Station di David Bowie l'altra mattina, stasera mi sono rivisto (si fa per dire, non ricordavo un tubo, salvo qualche spot sigh) Blade Runner, in director's cut - sprecato vista l'amnesia di cui sopra, ora mi toccherà rivedere anche la versione standard lol. E mi è venuta voglia di studiarlo per bene, in particolare come prosieguo della riflessione sui cyborg di qualche tempo fa. A parte questo, come per le canzoni del White Duke, il piacere è stato grande, forse ancor più della prima volta: certe opere sono libere dallo scorrere del tempo, paradossalmente la celeberrima battuta di Rutger Hauer non vi si applica. E poi vi si fanno incontri peculiari, come il buon Edward James Olmos, dopo Miami Vice il comandante Adamo di Battlestar Galactica: mi chiedo se quando gli hanno proposto quest'ultimo impegno gli sia venuto da ridere all'idea di ritrovarsi ad aver a che fare di nuovo con dei "lavori in pelle". In effetti questo è uno dei motivi per cui lo studio dei testi pare imporsi: la nostra immaginazione proprio non riesce a fare a meno di confrontarsi con l'idea di creazione e di non trovarsene all'altezza... In prima analisi la divinità ci spaventa e l'atto fondamentale risveglia tutti i dubbi che ci portiamo dentro su noi stessi, invece di alleviarli. Il quadro, poi, all'interno del quale questo avviene è desolante: una LA allucinante, sporca, sovraffolata, multirazziale nel peggiore dei modi dove è effettivamente difficile immaginare di voler o poter vivere. Eppure, dopo i bastioni di Orione e i cancelli di Tannhauser, Roy Batty viene a morire proprio qui, nella disperata ricerca di altra vita. Un film denso, come ne capitano di rado, che merita visioni ripetute e qualche riflessione!

lunedì 9 aprile 2012

E anche Pasqua è andata :) Tra una pioggia sopportabile e una tormenta di neve, c'è scappata anche una bella escursione in val Fondillo, quindi - oltre ad allenarsi alle intemperie in vista dei prossimi trek - si è riuscito a godersi qualche ora di sole. Primavera in Abruzzo neanche a parlarne, ancora, come si vede qui accanto, ma non si può avere tutto lol Speravo, inutilmente si è scoperto, che il Parco si fosse un tantino evoluto; invece siamo esattamente a n-mila anni fa, il che è vagamente deprimente. Cmq spes ultima dea semper, soprattutto in Italia...

Tanto per cambiare, i momenti di relax permettono di godersi del materiale assortito che nel normale tempo caotico rimane da una parte, come le insenature lungo i torrenti. Stavolta, a parte la fine della III stagione di Battlestar Galactica (di cui parlo più estesamente qui) con la rivelazione di 4 dei 5 siloni ancora mancanti all'appello, mi sono dedicato alla commedia. Insomma, relax totale che ogni tanto ci sta! Entrambe le visioni rientrano nel capitolo "rapporti primari" di un eventuale manuale socio-movie: nel primo, Il mio migliore amico, Daniel Auteuil - uno dei miei attori preferiti - è un antiquario veramente stronzo, che viene sfidato dalla sua socia a presentarle il suo migliore amico, quando lei sa perfettamente che lui è solo come un cane. Classica commedia francese del grande regista Patrice Leconte, del quale ricordo il capolavoro Ridicule, con Dany Boon, scorre leggera in una tessitura di momenti caricaturali eppure così tristemente prossimi alla realtà da spiazzare.

E poi La verità è che non gli piaci abbastanza, dagli autori di Sex and the City e si vede :) Cast stellare che non sto nemmeno a elencare, per un film leggermente troppo smielato per i miei gusti ma comunque vedibile, sull'eterno problema dei rapporti di coppia: matrimonio sì/no, richiama o non richiama e se non richiama che devo capire, problemi di socializzazione a monte che sono la parte più carina, anche se dura tre minuti lol c'è una bella quota di happy end, ma anche qualche fallimento, perciò va bene anche senza insulina, tutto sommato :D