domenica 25 agosto 2013

Wolverine e altro

A parte la ripetizione rassicurante, in effetti, non c'è granché da dire, né per Wolverine, né per gli altri film in cui sono più o meno inciampato in questo periodo :) E' vero che per la gran parte si tratta di operazioni commerciali più o meno azzeccate, ma come al solito vale la pena di guardare oltre l'ingannevole semplicità della spiegazione economica. E questo può dirsi per ogni spiegazione economica. L'ennesimo sequel (o prequel, perché no?) ci parla dell'inaridirsi dell'immaginazione degli autori del sistema dell'entertainment, che teoricamente dovrebbero esserne i più forniti, cosa che ci permette di disperarci per l'energia fantastica degli altri. L'incanto è merce rara, di questi tempi, e mi chiedo come potrebbe essere altrimenti in una visione del mondo sempre più avvitata nelle trappole produttivo-amministrative e nella lettura monodimensionale del mondo e dell'uomo. Questo però non spiega perché prodotti stanchi di tal fatta dovrebbero avere successo. Il sequel ci parla quindi anche di qualcos'altro, nascosto sotto i panni degli eroi Marvel o di altre versioni più recenti. Dell'effetto ninna nanna del racconto mitico in tutte le sue varianti, della frequentazione amicale e quotidiana degli eroi e del suo effetto balsamico su uno spirito esausto. C'è qualcosa di rituale nel reiterare schemi e avventure e a volte se ne sente il bisogno. Come nel rivedere per l'ennesima volta l'intero ciclo delle pellicole di Harry Potter, dopo aver letto e ascoltato i romanzi. Come nel tornare in viaggio nel Signore degli Anelli. Alle volte c'è da ritemprarsi e vista l'atmosfera del tempo sospetto che sia un'esigenza diffusa e pressante. E' buffo che queste storie disprezzate dalla Cultura con la maiuscola siano al tempo stesso motore economico e medicina per i disastri dell'economicismo. Il divertente è che l'industria cinematografica, dando loro sempre più spazio, rischia - è un rischio lontano, visti i tempi, ma chi può dire? - di lavorare contro se stessa e gli assiomi mai criticati che la rendono ciò che è. E questo, di nuovo, non vale solo per il cinema, ma per l'intera cultura estremo-occidentale, che non sa più a che droga votarsi per rendersi vagamente sopportabile e alla fine potrebbe aver trovato quella "sbagliata", capace di innescare un salto verso qualcos'altro. Bisognerà vedere quanto lo sdoganamento dell'immaginale potrà modificare un corso all'apparenza fissato, ma è pur sempre un inizio.