venerdì 25 ottobre 2013

In Time

Meglio tardi che mai, direte :) e non avrete neanche tutti i torti, solo che a volte la vita si diverte più del dovuto a complicartisi e il tempo per blog e meditazioni cinematografiche se ne va a quel paese. Be', alla fine però si torna e stavolta si torna niente male, anche se a dar retta ai pregiudizi si potrebbe essere scettici. Eppure Justin Timberlake se la cava eccome in In Time e il film ha quell'equilibrio azzeccato tra action e idea intelligente che gli fa perdonare qualche semplificazione di troppo. Il problema, come capita spesso, è che è tutto plausibile. In un mondo dedito alla commercializzazione della qualunque, cosa potrebbe esserci di più ovvio del trasformare il tempo in valuta? Nel delirio riduzionistico del discorso corrente e nell'apoteosi dell'ideologia brutale della concorrenza come filosofia di vita, un mondo retto dal conto alla rovescia ci sta, hai voglia se ci sta. D'altronde, il presenteismo di oggi non è già una versione soft di questo ragionamento? La tirannia del progetto e la precisione micidiale degli strumenti di misura non lo stanno annunciando da decenni? Quindi di che stupirsi?

Semplicemente dello smarrimento del senso. Tutta la retorica attuale si è dimenticata di questo piccolo dettaglio, del fatto che sofferenza e sacrificio diventano sopportabili solo in una prospettiva di significato più ampio, solo se puoi dartene conto, in un modo o nell'altro. Fini a se stessi, si rivelano presto come uno stratagemma da quattro soldi con cui qualcuno sta cercando di fregarti. E quando anche questo qualcuno non sa più perché lo fa, il cerchio è chiuso e se c'è ancora tempo si può cercare di ricominciare in modo meno idiota. Prescindendo dal film, a mio parere siamo esattamente a questo punto.

P.S. per la serie Avvistamenti: Matthew Bomer, di White Collar, inizia tutto e Johnny Galecki, di The Big Bang Theory, dimostra di non saper gestire granché il suo tempo :)