domenica 29 gennaio 2006
restituirebbe al mondo una minima possibilità di giustizia e coerenza, cosa che - ahimé! - non è... Il problema, però, è altrove: è nella pretesa che il mondo si muova a norma di ideali, magnifici per carità, ma che gli stessi uomini che li hanno concepiti disprezzano e tradiscono quotidianamente, su scale diverse, ma formalmente identiche. La realtà, ben lungi dall'essere razionale o teleologica, semplicemente è, cosa che i Greci avevano compreso alla perfezione, tanto da poter ragionare in termini di equilibrio dinamico tra gioia e dolore. Come afferma Colli, "quando un pezzo di vita sottratto alla pena controbilancia tutto il resto, il pessimismo è vinto" e il conto è paro, si potrebbe aggiungere. Circostanza che noi occidentali, intrappolati nell'idea di colpa - e quindi di responsabilità totalmente personale per i comportamenti e le conseguenze - non riusciamo neanche lontanamente a concepire. L'impronta giudeo-cristiana richiede necessariamente l'inferno e la sua scomparsa dal senso comune, assieme al purgatorio, racconta una storia che andrebbe disvelata, cui Match Point accenna, nella sofferenza priva di riscatto del lestofante salvato dalla sorte e nella complessiva assenza di leggerezza e gioia di vivere. Poi si potrebbe parlare dell'incosciente ferocia di classe dei giovani Hewitt, delle tracce letterarie e musicali (le prime che puntano tutte verso il tragico, Dostojevskij, Strindberg, Sofocle), della scrittura dei dialoghi e delle espressioni degli attori... Direi che per il momento basta così.
venerdì 27 gennaio 2006
lunedì 23 gennaio 2006
Altro gran momento, Parigi seconda metà XIX secolo! Gente che si incontra per parlare, per discutere, per farsi ritrarre da amici, gente che si chiama Manet, Monet, Mallarmé, Baudelaire, Poe, gente così Che poi ti lascia storie di sé in tante forme diverse, che a vederle oggi, ottenebrati da jpg, tiff, mpeg e tutte le altre nostre fregnacce, sembrano roba di un altro mondo. E lo sono, solo che quello che non è più chiaro è se fosse un mondo migliore
o peggiore. Certo, vedere lo stesso soggetto come bozzetto a matita, acquaforte, acquatinta, litografia o quadro fa un discreto effetto. Ti parla di maestria, di passione e di voglia di sperimentare, di scoprire dove puoi arrivare per esprimere quella cosa che ti gira in mente e nella quale vedi molto più di quanto non sembri, un torero morto, un ritratto di donna, una chitarra e un cappello. E di nuovo un intreccio, lasco ma pur sempre lì, con un pittore incontrato per caso ad Amsterdam l'anno scorso, un suo quadro riaffiorato dalle strade del mondo per portare anche a Roma il verde incredibile del mare che Manet sapeva trarre dalla sua tavolozza,
messo lì accanto ad altre azzurrità, tutte radiose, radianti, pervase di luce. E allo stesso tempo materiali, concrete, come le lame di rame ancora inchiostrate, le pennellate dense. Pissarro ha detto di lui "Sapeva trasformare il nero in luce"... Un ingegno irrequieto, quasi schizoide nel variare stile e tecnica, donnaiolo, polemista, ardente, tanto da morire a cinquant'anni. Un gran bel tipo e la solita invidia per un'arte e un tempo in cui il miracolo della luce e dello spiraglio che trovava nei quadri era affare di cose e colori, e mani sapienti.
domenica 22 gennaio 2006
lunedì 16 gennaio 2006
spezzare una lancia a favore dei progettisti e disegnatori dei mostri: i Predator sono veramente notevoli, l'ennesima incarnazione dell'archetipo dell'eroe guerriero. Oddio, diciamo che sono meglio quando si tengono l'elmo in testa, ma comunque...
M. Maffesoli, La transfiguration du politique, Paris, La table ronde, 2002, pp. 220-221.
Quasi non vale la pena di sottolineare come questo passaggio maffesoliano leghi le ultime cose che ho postato in un'ulteriore dimensione di significato e di riflessione. Anche l'antica angelologia conosce gerarchie di angeli e diversi livelli d'essere e l'affiorare ricorsivo di un termine ne tradisce il bisogno e il potenziale esplicativo...
venerdì 13 gennaio 2006
Non c'è sosta alle trasformazioni. Questa certezza, testimoniata attraverso una serie di esemplificazioni colte sul ritmo incessante dell'esametro, sembrerebbe anche mettere in questione il fondamento del pensiero classico, il principio di identità aristotelico. Ciò che sensibilizza la poesia di Ovidio è l'impossibilità a concepire che "A" sia sempre uguale ad "A". Interviene la passione di un Dio, la sua ira, la sua lussuria, il suo senso di pietà, il suo orgoglio ed "A" diventa un'altra cosa, cambia sostanza, aprendosi il mondo a un'illimitata libertà.
Il testo è lievemente modificato - corretto, direi - a causa del pressappochismo imperante ormai in ogni dove, che permette raramente di leggere una pagina libera da refusi o errori veri e propri. Resta tuttavia una lettura limpida che, al di là del contenuto iniziatico dei versi di Ovidio, ne identifica un livello di lettura sul quale è vitale ricominciare a riflettere.
lunedì 9 gennaio 2006
Prima di tutto non direi che ognuno di noi ha un angelo, né custode, né altro, perché nel nostro immaginario resta poco della potenza sovrumana e della numinosità che connotavano originariamente il termine. Oggi pensiamo a creature diafane e piumate, compassionevoli, umanamente stucchevoli... Direi perciò che ognuno di noi ha un demone compagno e qui, stavolta, è il verbo a darmi da riflettere: possesso vuol dire controllo e quindi dominio e noi non controlliamo in alcun modo il demone. Possiamo al limite opporci al suo volere che, però, paradossalmente è il nostro - siamo bravissimi a metterci i bastoni tra le ruote. Ma, ancora a monte, è la necessità linguistica che mi obbliga a parlare dei due come di entità separate ad essere problematica: non c'è un uomo e un demone, ma manifestazioni sincroniche dello stesso essere su piani diversi, dotate di coscienze diverse e a tratti - solo a tratti, fortunatamente - coincidenti. Il demone è l'intuizione oscura della potenzialità che prende forma, il senso interno della coerenza al destino.
Quando non si è perso il senso della meraviglia e del valore delle parole, scrivere è faticoso
Ettore Serra
poesia
è il mondo l'umanità
la propria vita
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia
di un delirante fermento
Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso
G. Ungaretti, Commiato
domenica 8 gennaio 2006
giovedì 5 gennaio 2006
P.S. Oggi pomeriggio Radio Rai 1 ha mandato in onda una mia intervista su quel libretto che ho scritto *grin*Chi volesse sentirsela è pregato di cliccare qui