mercoledì 25 aprile 2007
Ci sono casi in cui proprio non si riesce a fare a meno di esprimere il proprio entusiasmo: chapeau, chapeau, chapeau! Credo che i creatori di Boston Legal, che avrebbe potuto essere l'ennesima serie su uno studio di avvocati più o meno ipocriti, più o meno retti, più o meno professionali, abbiano avuto una fulminazione: sì, lo studio è più o meno così, pieno di avvocatesse da urlo, gentiluomini WASP compassati e quasi inglesi (siamo a Boston, ecchediamine!), clienti peculiari e danarosi, ma soprattutto ospita Denny Crane e Alan Shore, al secolo William Shatner - o anche, per gli appassionati, il comandante Kirk - e James Spader. E questi due personaggi sono G-E-N-I-A-L-I e formano una coppia assolutamente strepitosa. Li potete osservare qui sopra, che fumano sigari con le orecchie contro la skyline di Boston in un'inquadratura degna di Magritte. E la maggior parte dei loro scambi è all'altezza. Voglio esagerare: le avvocatesse quasi non le noti! Quasi...
domenica 22 aprile 2007
Ci sono settimane che spingono a un tipo di intrattenimento... leggero Quella appena conclusa lo è stata sicuramente e la grande macchina del cinema mi ha cortesemente messo a disposizione una pellicola adeguata. Niente di che, per carità, ma con un suo appeal che è andato - almeno da quanto ho potuto vedere - ben al di là della mia immaginazione. Pensavo che avrei trovato cinquantenni in crisi e motociclisti nei pressi della fascia d'età... Invece era pieno di ragazzini, ma di quelli che non ti spieghi cosa vadano a cercare nelle avventure di quattro sfigati, per quanto simpatici! Cmq, pomeriggio divertente e colonna sonora da urlo. E anche le moto. E anche - soprattutto! - il fascino della cavalcata senza regole, per quanto Easy Rider sia lontano anni luce
E' qualche giorno che provo particolarmente forte la sensazione di "atmosfera" comune, quella che Maffesoli chiama ambiance. L'altro ieri ero a un convegno - ho anche parlato - e i temi e le variazioni tornavano, accoglienti, comuni... Non mi è successo spesso di provare così chiaramente l'appartenenza a qualcosa, pur con tutti i distinguo che potrei facilmente snocciolare. Ieri notte, invece, su Radio Capital passavano le canzoni richieste dagli ascoltatori. E anche lì la netta impressione di quel vecchio adagio turistico mediterraneo, "Una faccia una razza": prima Life on Mars del Duca Bianco qui sopra, poi The Dave Matthews Band con The Space Between e a chiudere Up on the Catwalk dei Simple Minds e l'ascoltatore diceva che l'aveva scelta perché gli ricordava la sua adolescenza. Anche allo speaker della radio. Anche a me. Allora ho pensato di parlarne, di questa strana memoria acustica che ti si riversa addosso senza preavviso - altro che la madeleine di Proust! - e ti scaraventa indietro di anni, di decenni posso ormai dire con un mezzo sorriso, in attimi di vita che si rivelano così eterni, con lo stesso dolore o gioia dentro e i profumi e l'aria dell'ora, sera in pieno giorno o un crepuscolo di vent'anni fa nel mezzo della notte e il sapore delle lacrime... Una canzone che mi fa proprio quest'effetto è These foolish Things, che volevo inanellare qui sul blog da un po' e che mi pare proprio sia giunta l'ora Canta Brian Ferry.
Oh will you never let me be?
Oh will you never set me free?
The ties that bound us are still around us
There's no escape that I can see
And still those little things remain
That bring me happiness or pain
A cigarette that bears a lipstick's traces
An airline ticket to romantic places
And still my heart has wings
These foolish things
Remind me of you
A tinkling piano in the next apartment
Those stumbling words that told you
What my heart meant
A fairground's painted swings
These foolish things
Remind me of you
You came, you saw, you conquered me
When you did that to me
I somehow knew that this had to be
The winds of march that make my heart a dancer
A telephone that rings, but who's to answer?
Oh, how the ghost of you clings
These foolish things
Remind me of you
Gardenia perfume ling'ring on a pillow
Wild strawb'ries only seven francs a kilo
And still my heart has wings
These foolish things
Remind me of you
The park at evening when the bell has sounded
The Île-de-France with all the girls around it
The beauty that is Spring
These foolish things
Remind me of you
I know that this was bound to me
These things have haunted me
For you've entirely enchanted me
The sigh of midnight trains in empty stations
Silk stockings thrown aside, dance invitations
Oh, how the ghost of you clings
These foolish things
Remind me of you
First daffodills and long excited cables
And candle light on little corner tables
And still my heart has wings
These foolish things
Remind me of you
The smile of Garbo and the scent of roses
The waiters whistling as the last bar closes
The song that Crosby sings
These foolish things
Remind me of you
How strange, how sweet to find you still
These things are dear to me
That seem to bring you so near to me
The scent of smould'ring leaves, the wail of steamers
Two lovers on the street who walk like dreamers
Oh, how the ghost of you clings
These foolish things
Remind me of you, just you
Oh will you never set me free?
The ties that bound us are still around us
There's no escape that I can see
And still those little things remain
That bring me happiness or pain
A cigarette that bears a lipstick's traces
An airline ticket to romantic places
And still my heart has wings
These foolish things
Remind me of you
A tinkling piano in the next apartment
Those stumbling words that told you
What my heart meant
A fairground's painted swings
These foolish things
Remind me of you
You came, you saw, you conquered me
When you did that to me
I somehow knew that this had to be
The winds of march that make my heart a dancer
A telephone that rings, but who's to answer?
Oh, how the ghost of you clings
These foolish things
Remind me of you
Gardenia perfume ling'ring on a pillow
Wild strawb'ries only seven francs a kilo
And still my heart has wings
These foolish things
Remind me of you
The park at evening when the bell has sounded
The Île-de-France with all the girls around it
The beauty that is Spring
These foolish things
Remind me of you
I know that this was bound to me
These things have haunted me
For you've entirely enchanted me
The sigh of midnight trains in empty stations
Silk stockings thrown aside, dance invitations
Oh, how the ghost of you clings
These foolish things
Remind me of you
First daffodills and long excited cables
And candle light on little corner tables
And still my heart has wings
These foolish things
Remind me of you
The smile of Garbo and the scent of roses
The waiters whistling as the last bar closes
The song that Crosby sings
These foolish things
Remind me of you
How strange, how sweet to find you still
These things are dear to me
That seem to bring you so near to me
The scent of smould'ring leaves, the wail of steamers
Two lovers on the street who walk like dreamers
Oh, how the ghost of you clings
These foolish things
Remind me of you, just you
domenica 15 aprile 2007
Pasqua è passata da poco e, come da proverbio, si fanno le pulizie Anche con un minimo di ritardo, come può notarsi da una rapida ricognizione del calendario, ma la stagione balorda di quest'anno ha sballato anche i rituali cambi, così che ci si trova a cercare affannosamente pinocchietti e bermuda ai primi di aprile... Bah! Comunque, razzolando per cassetti è saltata fuori una mia vecchissima maglietta che adoravo. Ormai è andata, ma ho pensato a una forma di addio con onore e passo a trascriverne il testo, assolutamente geniale
"THAT'S LIFE"
I AM BLACK, I WAS BORN BLACK,
WHEN I GO OUT IN THE SUN, I AM BLACK,
WHEN I AM SICK, I AM STILL BLACK,
WHEN I AM DYING, I AM BLACK,
WHEN THEY BURY ME, I AM STILL BLACK.
YOU ARE WHITE - YOU WERE BORN PINK,
WHEN YOU GO OUT IN THE SUN, YOU TURN BROWN,
WHEN YOU GET SICK, YOU TURN WHITE,
WHEN YOU ARE DYING, YOU GO GREY,
WHEN THEY BURY YOU, YOU ARE PURPLE...
AND YOU'VE GOT THE FUCKING NERVE
TO CALL ME COLOURED!!!
"THAT'S LIFE"
I AM BLACK, I WAS BORN BLACK,
WHEN I GO OUT IN THE SUN, I AM BLACK,
WHEN I AM SICK, I AM STILL BLACK,
WHEN I AM DYING, I AM BLACK,
WHEN THEY BURY ME, I AM STILL BLACK.
YOU ARE WHITE - YOU WERE BORN PINK,
WHEN YOU GO OUT IN THE SUN, YOU TURN BROWN,
WHEN YOU GET SICK, YOU TURN WHITE,
WHEN YOU ARE DYING, YOU GO GREY,
WHEN THEY BURY YOU, YOU ARE PURPLE...
AND YOU'VE GOT THE FUCKING NERVE
TO CALL ME COLOURED!!!
sabato 14 aprile 2007
Alcune notazioni corsare prima di occuparmi del film del pomeriggio. Se fosse possibile sarebbe il caso di perseguire gli sceneggiatori di 24 per crudeltà mentale e volontà manifesta di persecuzione nei confronti del povero Jack Bauer, che una mezz'ora di pace con il suo amore ritrovato se la sarebbe pure meritata Detto questo, bisogna anche notare l'incredibile incidenza di spot pubblicitari dedicati al movimento - in particolare in macchina - per rendersi conto di quanto la nostra società stia diventando sedentaria: l'hanno già detto dei cacciatori-raccoglitori che si erano fatti sedentari, mi chiedo che diranno di noi gli antropologi dell'anno 3000, sempre che qualcuno ci arrivi...
Se poi, oltre alla naturale stupidità della specie - quella per cui senza un'auto la maggior parte di noi si sente come una lumaca senza guscio, tanto per dirne una - ci mettiamo anche la stupidità fanatica di una setta di adoratori del demonio, l'anno 3000 si fa sempre più lontano! Fortuna che almeno per stavolta c'è Hilary Swank che ci mette una pezza, in questo bel film a metà strada tra Seven e The Skeleton Key, con un tocco di The Gift di Sam Raimi che mi è venuto in mente un po' così e dove, guarda un po', c'era anche Hilary Fatto sta che credo di poter dire che per lo statunitense la Louisiana è più un luogo dell'immaginario che un posto vero: non si contano tutti i film appena meno che realistici che hanno a che fare con Baton Rouge e New Orleans e con le paludi là intorno, col voodoo, gli alligatori, il passato francese e tante altre cosette. Mentre ci pensavo, prima mi è anche venuto in mente che l'uragano Katrina probabilmente non poteva colpire in nessun altro posto. Non so se ci abbiano pensato anche gli sceneggiatori, ma certo è che la cittadina di Haven ne vede di brutte assai. In ultima analisi del tutto meritate, ma prima di arrivare all'ultima analisi ci sono svariati colpi di scena che rendono I segni del male un film decisamente degno di esser visto. In una sala con audio ottimo, tra l'altro
Se poi, oltre alla naturale stupidità della specie - quella per cui senza un'auto la maggior parte di noi si sente come una lumaca senza guscio, tanto per dirne una - ci mettiamo anche la stupidità fanatica di una setta di adoratori del demonio, l'anno 3000 si fa sempre più lontano! Fortuna che almeno per stavolta c'è Hilary Swank che ci mette una pezza, in questo bel film a metà strada tra Seven e The Skeleton Key, con un tocco di The Gift di Sam Raimi che mi è venuto in mente un po' così e dove, guarda un po', c'era anche Hilary Fatto sta che credo di poter dire che per lo statunitense la Louisiana è più un luogo dell'immaginario che un posto vero: non si contano tutti i film appena meno che realistici che hanno a che fare con Baton Rouge e New Orleans e con le paludi là intorno, col voodoo, gli alligatori, il passato francese e tante altre cosette. Mentre ci pensavo, prima mi è anche venuto in mente che l'uragano Katrina probabilmente non poteva colpire in nessun altro posto. Non so se ci abbiano pensato anche gli sceneggiatori, ma certo è che la cittadina di Haven ne vede di brutte assai. In ultima analisi del tutto meritate, ma prima di arrivare all'ultima analisi ci sono svariati colpi di scena che rendono I segni del male un film decisamente degno di esser visto. In una sala con audio ottimo, tra l'altro
lunedì 9 aprile 2007
Heath Ledger mi sta particolarmente simpatico da A Knight's Tale, col suo Medioevo rock, il buon Chaucer nudo in giro per la Francia e una splendida fanciulla in palio (Shannyn Sossamon, può darsi sconosciuta ai più ma peggio per loro ), fanciulla che tra l'altro gli era accanto anche in The Order o La setta dei dannati, perfino dello stesso regista e sceneggiatore, Brian Helgeland. Sarà per questo che il Casanova di stasera l'ho visto, in primis, e l'ho anche preso bene, in secundis. Se prescindiamo dal contesto, dall'ambientazione e dal personaggio storico, è una commedia godibile, con un intreccio divertente e bravi attori. Certo, l'Inquisizione resa in burletta - anche se da Jeremy Irons, che ogni tanto fa cose che... - fa venire un po' i brividi e i fuochi d'artificio stile Las Vegas sono belli, ma... però si può vedere, si può vedere. Una sera di quelle da relax, quattro risate e l'eterno pregiudizio sugli americani confortevolmente consolidato, si può vedere E' comunque l'occasione per ricordare vecchie cose che facevo tempo fa, talmente tanto che il file che pensavo di attaccare qui da qualche parte è ancora in formato WordStar e il pubblico fedele che volesse leggere un mio vecchio racconto dall'evocativo titolo Di un'avventura toccata a Giacomo Casanova, veneziano, dovrà avere un momento di pazienza. Lo posto presto, però, giuro Nel frattempo, per non fare un torto alla protagonista femminile del Casanova, Sienna Miller (che scopro essere osannata e gettonatissima sul web), vi lascio con un suo ritratto in costume.
domenica 8 aprile 2007
Ieri mattina leggevo L'espresso - che novità, direte! - e c'era un bell'articolo sulla nuova opera di Villari sul Risorgimento. Che tra l'altro mi capita a fagiolo per tutta una serie di necessità di studio. Che tra l'altro parlava degli entusiasti romantici e della commozione planetaria suscitata dalla rivoluzione greca degli anni Venti dell'Ottocento, tanto da portare fior di giovani a morire in quel dell'Egeo. Viene bene anche perché si discute, ultimamente, della disponibilità dei contemporanei - me compreso, per carità! - a dare la vita per un ideale, un qualche motivo fulgido che valga la pena... Shelley, tra gli altri, Santorre di Santarosa (me lo ricordo dall'album delle figurine di quand'ero piccolo, incredibile!). E Shelley è sepolto a Roma, insieme a Keats. E Keats è uno dei miei poeti preferiti.
Ora, non ricordo se già lo sapevo e i miei processi mentali, con i quali di tanto in tanto sono in stridente disaccordo, abbiano deciso di fare a meno dell'informazione oppure se non l'ho mai saputo, ma a Roma c'è quello che chiamano "il cimitero degli artisti e dei poeti", all'ombra della piramide Cestia, dove sono anche le ceneri di Gramsci - sì, proprio quelle della poesia di Pasolini. Fatto sta che ho deciso di non perdere altro tempo e sono andato in visita. E credo di aver trovato il posto adatto dove lasciar riposare le mie, di ceneri. La cosa è che dovrei cercare di diventare eminente prima di averne bisogno, per poter sperare di guadagnarmi un fazzoletto di prato accanto al giovane poeta inglese il cui nome era scritto sull'acqua. Altrimenti ci sono sempre i viali incredibilmente ricchi di verde e d'amore dove uomini e donne di tutto il mondo sono venuti a chiudere la loro stagione a Roma. Una stagione non cattolica, con croci greche e russe, sculture e piccole lapidi strette dall'edera. Un bel posto, dove ti torna in mente l'Ode a un usignolo di Keats...
My heart aches, and a drowsy numbness pains
My sense, as though of hemlock I had drunk,
Or emptied some dull opiate to the drains
One minute past, and Lethe-wards had sunk:
'Tis not through envy of thy happy lot,
But being too happy in thine happiness,--
That thou, light-winged Dryad of the trees
In some melodious plot
Of beechen green, and shadows numberless,
Singest of summer in full-throated ease.
O, for a draught of vintage! that hath been
Cool'd a long age in the deep-delved earth,
Tasting of Flora and the country green,
Dance, and Provençal song, and sunburnt mirth!
O for a beaker full of the warm South,
Full of the true, the blushful Hippocrene,
With beaded bubbles winking at the brim,
And purple-stained mouth;
That I might drink, and leave the world unseen,
And with thee fade away into the forest dim:
Fade far away, dissolve, and quite forget
What thou among the leaves hast never known,
The weariness, the fever, and the fret
Here, where men sit and hear each other groan;
Where palsy shakes a few, sad, last gray hairs,
Where youth grows pale, and spectre-thin, and dies;
Where but to think is to be full of sorrow
And leaden-eyed despairs,
Where Beauty cannot keep her lustrous eyes,
Or new Love pine at them beyond to-morrow.
Away! away! for I will fly to thee,
Not charioted by Bacchus and his pards,
But on the viewless wings of Poesy,
Though the dull brain perplexes and retards:
Already with thee! tender is the night,
And haply the Queen-Moon is on her throne,
Cluster'd around by all her starry Fays;
But here there is no light,
Save what from heaven is with the breezes blown
Through verdurous glooms and winding mossy ways.
I cannot see what flowers are at my feet,
Nor what soft incense hangs upon the boughs,
But, in embalmed darkness, guess each sweet
Wherewith the seasonable month endows
The grass, the thicket, and the fruit-tree wild;
White hawthorn, and the pastoral eglantine;
Fast fading violets cover'd up in leaves;
And mid-May's eldest child,
The coming musk-rose, full of dewy wine,
The murmurous haunt of flies on summer eves.
Darkling I listen; and, for many a time
I have been half in love with easeful Death,
Call'd him soft names in many a mused rhyme,
To take into the air my quiet breath;
Now more than ever seems it rich to die,
To cease upon the midnight with no pain,
While thou art pouring forth thy soul abroad
In such an ecstasy!
Still wouldst thou sing, and I have ears in vain--
To thy high requiem become a sod.
Thou wast not born for death, immortal Bird!
No hungry generations tread thee down;
The voice I hear this passing night was heard
In ancient days by emperor and clown:
Perhaps the self-same song that found a path
Through the sad heart of Ruth, when, sick for home,
She stood in tears amid the alien corn;
The same that oft-times hath
Charm'd magic casements, opening on the foam
Of perilous seas, in faery lands forlorn.
Forlorn! the very word is like a bell
To toll me back from thee to my sole self!
Adieu! the fancy cannot cheat so well
As she is fam'd to do, deceiving elf.
Adieu! adieu! thy plaintive anthem fades
Past the near meadows, over the still stream,
Up the hill-side; and now 'tis buried deep
In the next valley-glades:
Was it a vision, or a waking dream?
Fled is that music:--Do I wake or sleep?
Ci sono un paio di film che voglio vedere da un po', di quelli perfetti per una sera come Pasqua Uno è Tokio Drift, l'altro Torque (certo, dopo aver letto la recensione di quest'ultimo, credo che sorvolerò...) Poi, tanto per cambiare, la programmazione di Sky ci mette del suo, io questo me l'ero direttamente scordato, beh tra una cosa e l'altra è andata a finire che niente macchine e motociclette, se non la vespina azzurra del '56 e la sedia a rotelle a motore *grin* Credo di preferirli così, teatrali anche al cinema, che non nelle ultime cose che hanno fatto: lo sketch della visita alla galleria d'arte è assolutamente I-M-P-A-G-A-B-I-L-E
sabato 7 aprile 2007
Penso che Edward Norton sia uno dei più grandi attori del nostro tempo. Della lunga serie di interpretazioni magistrali delle quali non ho dato notizia perché precedenti all'avvio di questo blog, vorrei ricordare American History X - a mio parere il suo capolavoro - e Fight Club, ormai da diversi anni film di culto. Inutile dire che alla vista del trailer di The Illusionist non abbia avuto alcun dubbio sulla necessità di andarlo a vedere. Così che, complice il caso, ieri sera, prima, eccomi lì... e ne sono contento Il preambolo è solo per dire che, in effetti, non è la migliore cosa di Norton che abbia visto, anche se il suo discreto è di solito molto meglio dell'ottimo di tanti altri: direi che Paul Giamatti, già visto in Sideways tempo addietro, è più intenso e complesso e direi che ambientazione e fotografia, nonché gli effetti delle illusioni di Eisenheim, sono magnifici. La trama lascia un po' più a desiderare, ma c'è una cosa che ho amato: l'assoluto disinteresse a spiegare il come delle illusioni, che invece aveva funestato l'altrimenti ben più teso The Prestige !
lunedì 2 aprile 2007
Mi chiedo se è possibile e mi rispondo in silenzio che lo so benissimo che è possibile, che è solo la riprova del fatto che - al seguito e in compagnia di Durand e Bachelard - abbiamo ragione. Che ci sono cose alle quali riusciamo a reagire solamente dopo una lunga decompressione, un decondizionamento che altrimenti ci rende loro ciechi e sordi. Credo che questo sia un esempio lampante della capacità riduttiva del pensiero occidentale, che nel mito riesce a leggere solamente allegorie meschine delle meschine questioni con cui ci si confronta nell'oggi - che per quanto tragico nella sostanza è patetico per tutto il resto. 300, invece, come Il signore degli anelli e poche altre cose degli ultimi cent'anni, va al di là, si spinge visionariamente verso l'archetipo, verso le energie primarie che hanno sempre raffigurato gli eroi in un certo modo, per ragioni che si sono poi travestite di storia e non viceversa, per esigenze profonde della nostra psiche bistrattata e analizzata oltre il lecito e il sopportabile. Saviano, che non mi pare troppo digiuno di attualità e schifezze connesse, l'ha visto più che bene, molti altri - per i quali l'arte è sempre e solo uno strumento, nella più perfetta cecità iconofobica della nostra cultura, e non sa superare i codici infimi che le costruiamo addosso - no. Ognuno è naturalmente libero di capire o vedere quello che vuole: per me è uno dei film più potenti da parecchio, dove effetti, trama e regia convergono nello spiazzare la mente razionale tornando allo stupore e alla confusione della meraviglia. E se sono palestrati, se parlano inglese, se i persiani sono cattivi e schiavi, chissenefrega! Il mito s'ammanta nei millenni di molte figure, non è colpa sua se non riusciamo ad offrirgli di meglio in questi anni tristi e se nel suo scintillio non vediamo altro che cronaca...
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