Film così mi suscitano una certa ansia da eccidio. Chissà perché. Certo, non ci sono prove storiche e ho una vaga sensazione che Alejandro Amenabár sia un tantino biased, come dicono gli inglesi. Però devo anche ammettere che una rappresentazione dei cristiani dei primi secoli come una banda di assassini fondamentalisti è a dir poco rinfrescante perché, viste le gesta dei secoli successivi, sarebbe complicato capire come da tanta santità da martirio si sia passati a tanta spietata strategia politica e a tanta dimenticanza delle famose parole... Qui abbiamo un santo che diventa tale per un uso intensivo di pietre contro tutti quelli che non sono d'accordo con lui e un vescovo che alla Curia romana non avrebbe affatto sfigurato, una bella filosofa che però è donna e dovrebbe di conseguenza tacere e nel complesso una serie di comportamenti che potrebbero far pensare a un'eccessiva modernizzazione del tema. Cosa possibile. Fatto sta che Ipazia - qui una bella e macerata Rachel Weisz - è stata effettivamente massacrata e bruciata da una specie di milizia integralista a disposizione di alcuni vescovi medio-orientali, i Parabolani, perché era una filosofa pagana e il vescovo Cirillo, poi santo anche lui e dottore della Chiesa, ha preso poco dopo il potere piegando al suo volere l'autorità secolare... Non so, mi sembra così tanto plausibile da farmi infuriare. Soprattutto quando poi alla radio, la mattina dopo, sento di accuse insensate a George Lucas che si è permesso di apportare una minima modifica al SUO film, Guerre stellari, suscitando l'ira dei suoi fan, che probabilmente l'hanno considerato un oltraggio. Non c'è niente da fare, il fondamentalismo - qualunque fondamentalismo - è troppo comodo per non avere, in ogni epoca, un sacco di fan :(((
Non è che ho scelto quest'altro film per il titolo è che mi era rimasto appeso dalla settimana scorsa e per completezza di informazione mi correva il famoso obbligo. L'ho visto con grandi aspettative, visto che David Mamet è un grande commediografo e Joe Mantegna mi piace, ma mi ha lasciato parecchio perplesso. Un tantino troppo cervellotico, soprattutto nelle conclusioni, con un personaggio principale che da laico diventa ultraconsapevole di essere ebreo in un batter d'occhio e vive laceranti conflitti di ruolo. La comunità ebraica non ne esce benissimo, anche se sospetto che, al di là del divertissement, l'investigazione dell'autore fosse sul tema dell'appartenenza e dell'omologazione. Buono per una serata estiva, ma lì mi fermerei. Ah no, c'è un'altra cosa, questa carina: il film è del 1991, è impressionante vedere la differenza nelle tecniche investigative e nei comportamenti dei poliziotti, dopo anni di CSI assortiti e senza l'intento ironico di Life on Mars!
lunedì 19 settembre 2011
domenica 4 settembre 2011
Direi uno dei remake meglio riusciti che ricordi, cosa non facile visto che il film di partenza, Giù al nord, è una delle migliori commedie francesi in cui sia inciampato negli ultimi anni. Qui le coordinate geografiche sono invertite, ma la differenza non si nota granché e anzi, regista e attori già progettano una seconda puntata che ribalti le direttrici e completi il quadro del nostro simpatico intrarazzismo. Come notavo tempo addietro, infatti, a volerci riflettere un minimo il riso di questi due lavori è amaro, dato che la materia bruta in cui affondano le radici comiche è la distanza, il pregiudizio, il disprezzo tra concittadini. La buona notizia è che il discorso viene affrontato in filigrana, senza didascalismi o cattedre da cui illuminare i poveri bifolchi; la cattiva è che passano gli anni, ma la materia brut(t)a è sempre lì, impervia a ogni crepa, più vivace della gramigna. E sì che anche il più tufo dei nordici o il meno comprensibile dei terroni dovrebbe aver capito la differenza tra luogo comune e persona in carne ed ossa e, nella marea marrone che ci avvolge, c'è poco spazio per sentirsi migliori di qualcun altro. Sarà anche per questo che abbiamo ques'ansia di scovare almeno qualcuno che sia peggio...
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