martedì 28 febbraio 2017

The Great Wall

Tu prendi cinque o seimila comparse, dotale di abiti dai colori radianti e di accessori disegnati da un visionario, componile in coreografie mozzafiato e il gioco è fatto. Poi ci sono effetti speciali di ogni tipo, dalle lanterne mortuarie ai mostri brutti brutti brutti, un cast notevole - col povero Willem Dafoe che come sempre fa la carogna - e qualche accenno ai mali del mondo, che non stona mai. Tutto quello che serve per un film che ti passa in un batter d'occhio, anche se la regia non ha commesso il solito errore per cui dopo tutta 'sta fatica quaranta minuti in più buttiamoceli, no? e si è tenuta sull'ora e mezza giusta per la trama. The Great Wall non sarà un capolavoro, ma un film che si ricorda sì e in particolar modo per la bellezza: delle inquadrature, del caleidoscopio continuo che ti lascia a bocca aperta dagli scenari naturali alle uniformi, della ritualità scenica, dell'atmosfera che riesce a evocare. Il funerale del generale, con l'esercito schierato sulla muraglia, le lanterne in volo e il canto sulle percussioni, è magnifico e l'inserimento dei tagliagole occidentali aggiunge un tocco originale a quella che altrimenti avrebbe potuto essere scambiata per una leggenda cinese. A voler fare il sociologo a tutti i costi, è un film sui muri: su quanto non servano per quello per cui vengono costruiti e su quanto riescano, loro malgrado, a unire. Di questi tempi, è una riflessione che vale tanta polvere nera quanto pesa...

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