Ieri però sentivo che sarei stato equanime e credo di aver avuto ragione. Secondo me è un film notevole, per certi versi estremo, ma più controllato dell'altro, meno viscerale. Gibson attinge a piene mani a un immaginario col quale ha un evidente rapporto di amore/odio: ha un'idea nostalgica della condizione umana, almeno per quanto riguarda le potenzialità fisiche, e potrebbe perfino aver ragione. Ci stavo ripensando dopo la lunghissima scena dell'inseguimento - roba da Superman! - e mi è tornato in mente un romanzo letto parecchi anni fa, L'Azteco, di Gary Jennings, autore noto per un'eccellente preparazione storica preliminare dei suoi lavori, dove il protagonista correva letteralmente per giorni di fila e si lasciava intendere che per quel tempo e luogo era la norma... E' certo - e posso affermarlo con cognizione di causa - che oggi non abbiamo in genere la più pallida idea delle risorse del nostro corpo: quando mi trovo a riguardare la strada percorsa in un giorno di trekking sono il primo a restarne stupito
Resta il sospetto che il buon regista l'abbia vista come un'apologia dei conquistadores che, visti i Maya, hanno quasi fatto bene a sterminarli... La questione è spinosa ed è una chiave di lettura che riecheggia anche in altri contesti, meno connotati di questo. Stento però ad accettare l'idea che una civiltà al tramonto meriti il genocidio, soprattutto per mano di un pugno di avventurieri senza scrupoli, e che Dio c'entri qualcosa. Preferisco prendere atto dell'alternativa proposta da Gibson come se non sapessi chi è e godermi un momento di grande cinema.
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