lunedì 27 giugno 2005
lunedì 20 giugno 2005
lunedì 13 giugno 2005
Sono stanco, in parte stupito di questo ciclo di marea che arretra, in parte - con una briciola di saggezza - cosciente dei tanti motivi e delle tante radici non razionali. Mi chiedo, sulla scorta di questa stanchezza: è giusto, in un tempo in cui nulla è più stabile, che diritti fondanti come il voto e la partecipazione debbano restare blindati, nonostante ogni comportamento ad essi contrario? Non sarebbe più equo che chi dimostra tanto disinteresse a esprimere il proprio parere venisse privato della possibilità di farlo? So che non siamo capaci di trovare metodi selettivi per l'esercizio della democrazia, che il rischio è di attribuire poteri di censura a un'oligarchia o di ricadere nella logica del censo (ricadere? ce ne siamo liberati?). Credo però che la prassi democratica possa essere metro a se stessa e credo di non voler essere riunito ai tanti che, per mille motivi, rinunciano a una conquista tanto faticosa e dura. Perché non cancellare dalle liste, pro tempore per carità, chi dimostra inequivocabilmente di non aver alcun interesse a farne parte? Oggi non credo che qualcuno abbia vinto, ha solo perso la democrazia, o l'idea che ci ostiniamo ad averne.
Chapeau a Frank Miller, al sodalizio Rodriguez-Tarantino e alla pletora incredibile di attori secondo me felici di poter girare cinema senza seghe mentali e perciò splendidi. In particolare un leonino Mickey Rourke, veramente inaudito!
Ha quasi del miracoloso come riesca ancora a stupirmi, pur vivendo a Roma ed essendo romano da secoli (e non dico per dire
), della sublime ipocrisia della Curia e dei suoi inossidabili esponenti. Pur in un giorno tanto triste non c'è verso di non sorriderne...
E ora dovremo sopportare lo spaccio dell'oscena strumentalizzazione dell'eclisse della coscienza civile italiana per brillante vittoria politica...
domenica 12 giugno 2005
sabato 11 giugno 2005
A ogni concerto manca una canzone! Per quanto siano bravi, per quanto sembrino in sintonia proprio con te, quell'assenza rimane. A volte ti rovina la serata - l'attesa per ogni nuovo brano, la paura crescente di non sentirla, queste cose qui - altre volte ci si fa pace bene. Ieri sera è stata della seconda categoria ![](https://lh3.googleusercontent.com/blogger_img_proxy/AEn0k_uI9oDSW9b69sSAG3uEBaDKuhN1u9r4JR4yCNmpLTHuCwpRlIaUWdBpY_pLQKc_lEKpHU_jYFsRUAKFVUSAF8kxZqYqvWR3imNJrV8lnHlVhodJPicTrSOFuUOJgbeJ0fE4LLp-D3KRySo8-KI95HjtK1DhPB1kdg=s0-d)
![](https://lh3.googleusercontent.com/blogger_img_proxy/AEn0k_uOu5zNW75cw8n_e2Iwa-3InnolRW4AXRfO0suTGehn7BJSRfvPT47TPGiZE4BYEnGXdVnpfyNMdCArRRtzKAi9B1TTsqtvxJeg=s0-d)
E dire che le canzoni mancanti di fatto erano due *sigh* Daysleeper e Find the River, due pezzi secondo me irrinunciabili. Ma che fai, non li perdoni? Un palco splendido, luci e colori che non rubano mai la scena ma accompagnano ogni pezzo con gusto, creando una gran bella atmosfera, passando dal rumore bianco di Bad Day ai grattacieli di Leaving New York, ai lampi cobalto di Electron Blue... E poi tutti loro, con il buon Stipe mascherato in testa, grandi, fedeli a un livello di qualità che si incontra raramente, innamorati di canzoni vecchie e nuove allo stesso modo, tanto da costruire una scaletta che parte dal 1988 e arriva ad oggi, senza sbavature, con lo stesso entusiasmo e un'identità cangiante ma solida. Veramente un gran concerto!
In seconda battuta: non c'è verso, per il momento, di trovare una foto del nostro con la maschera di cui parlavo sopra. Nel mentre che ci lavoro, però, ho trovato questo bel primo piano e quindi intanto lo posto. Se qualcuno, infine, fosse interessato a una recensione del concerto appena più professionale, può cliccare qui ![]()
giovedì 9 giugno 2005
Gianfranco Fini, accendendosi uno spinello, si è detto soddisfatto per la liberazione di Clementina Cantoni e ha dichiarato: "Se tornasse in Italia per tempo, voterebbe 3 sì e un no!" ![](https://lh3.googleusercontent.com/blogger_img_proxy/AEn0k_vDNipXabxoItRQmk6IzmR0GgQM5k8CciCU5AZOUiklXt5mGpLrnkvo38d2KOf1_q9xH4ejlohdPx0_x1qIPHDCvPcSC-DnMqiksApO6OBUd8cay5fcnWBsdYP4g7R2MexPoCxjYGGFoD7nFeJ7rdxdkixCI0PaxXE=s0-d)
mercoledì 8 giugno 2005
Non sono uno cui manca l'immaginazione, ma credo di esser debole quanto a capacità di immedesimarmi: proprio non arrivo a capire come a qualcuno possa venire in mente l'idea di fare uno scherzo a un amico scaricandolo a metà prezzo dall'apposito servizio telefonico. Uno scherzo non è contestuale? Non nasce da una situazione, da un momento vissuto in comune, dalla memoria di un rapporto? O è diventato qualcosa che si fa perché si deve, perché ci si aspetta che ogni tot sms uno sia spiritoso? A volte spero che la fine di questa cultura arrivi rapidamente e la lunga agonia si concluda con un minimo di dignità...
lunedì 6 giugno 2005
domenica 5 giugno 2005
Prendo spunto da un commento di Gianluca per cercare di chiarirmi le idee. Quel che chiamiamo "arte" è un'esperienza complessa, in parte razionale, in parte estetico-emozionale Ed è questo, credo, che lui intende quando parla del fatto che "l'opera è un vero e proprio linguaggio, una parola che traduce il modo di vedere la realtà o l'irrealtà dell'artista, ma è anche fonte di sensazioni nel fruitore..."
Il problema oggi sta proprio in questa articolazione complessa dell'esperienza che molti degli "artisti" - preda dell'ormai familiare riduzionismo occidentale - hanno del tutto dimenticato. Davanti a moltissime opere contemporanee non ci sono sensazioni, se non l'interrogarsi su "cosa avrà voluto dire?" che è segno certo dell'assenza d'arte in ciò che si sta guardando. Una collezione di strisce di pneumatico appese in fogge vagamente antropomorfe o la sequenza di Fibonacci in numeri di neon possono incuriosire, ma sul piano prerazionale non esistono, non hanno vibrazioni di alcun genere. Non resta che tentare di ricostruire il percorso - di norma contorto ad arte *grin* - seguito dall'autore per assemblarle. E in questo assemblare concettuale manca anche qualunque ruolo materiale dell'artista. La sostanza dell'opera d'arte e il gesto che ne è sempre stato alla base sono scomparsi, fagocitati dal solipsismo della ragione.
Il problema oggi sta proprio in questa articolazione complessa dell'esperienza che molti degli "artisti" - preda dell'ormai familiare riduzionismo occidentale - hanno del tutto dimenticato. Davanti a moltissime opere contemporanee non ci sono sensazioni, se non l'interrogarsi su "cosa avrà voluto dire?" che è segno certo dell'assenza d'arte in ciò che si sta guardando. Una collezione di strisce di pneumatico appese in fogge vagamente antropomorfe o la sequenza di Fibonacci in numeri di neon possono incuriosire, ma sul piano prerazionale non esistono, non hanno vibrazioni di alcun genere. Non resta che tentare di ricostruire il percorso - di norma contorto ad arte *grin* - seguito dall'autore per assemblarle. E in questo assemblare concettuale manca anche qualunque ruolo materiale dell'artista. La sostanza dell'opera d'arte e il gesto che ne è sempre stato alla base sono scomparsi, fagocitati dal solipsismo della ragione.
Avere parecchi anni alle spalle ha dei pregi. Non molti, ma qualcuno sì
Ad esempio puoi ritrovare vecchi manoscritti, come messaggi in una bottiglia temporale, di quando vivevi diverso e ricordare quei ritmi, le idee che ti portavano a imparare a memoria decine di poesie, nel tentativo di farti biblioteca vivente di quel che amavi e che già allora quasi nessuno apprezzava più.
Se ritrovi le poesie e hai nuovi mezzi, puoi cedere un po' di terreno e affidarle a una memoria diversa dalla tua, più facilmente accessibile e condivisa, a questa per esempio. E così con oggi si comincia...
Non t'amo come se fossi
rosa di sale, topazio
o freccia di garofani
che propagano il fuoco;
t'amo come si amano certe
cose oscure,
segretamente, entro l'ombra e
l'anima
T'amo come la pianta che
non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce
di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro
nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese
dalla terra.
T'amo senza sapere come, né quando,
né da dove,
t'amo direttamente, senza problemi,
né orgoglio:
così ti amo perché non so amare
altrimenti
Che così, in questo modo in cui
non sono e non sei
così vicino che la tua mano sul
mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi
occhi col mio sonno.
Pablo Neruda
Se ritrovi le poesie e hai nuovi mezzi, puoi cedere un po' di terreno e affidarle a una memoria diversa dalla tua, più facilmente accessibile e condivisa, a questa per esempio. E così con oggi si comincia...
Non t'amo come se fossi
rosa di sale, topazio
o freccia di garofani
che propagano il fuoco;
t'amo come si amano certe
cose oscure,
segretamente, entro l'ombra e
l'anima
T'amo come la pianta che
non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce
di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro
nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese
dalla terra.
T'amo senza sapere come, né quando,
né da dove,
t'amo direttamente, senza problemi,
né orgoglio:
così ti amo perché non so amare
altrimenti
Che così, in questo modo in cui
non sono e non sei
così vicino che la tua mano sul
mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi
occhi col mio sonno.
Pablo Neruda
sabato 4 giugno 2005
Non mi capita spesso di non aver voglia di scrivere, però quando succede è drastico. PROPRIO non ne ho voglia, qualunque altra cosa è più importante, urgente, oppure - ed è la cosa peggiore
- la sola idea mi mette a disagio, mi fa venir voglia
di scappare, fisicamente o figuratamente a seconda dei casi. In questi giorni non starò a questo punto, ma ci vado assai prossimo. Eppure ho deciso di forzarmi a buttar giù qualche riga perché la mostra indicata qui accanto - con una delle tele più belle come emblema, un Manet - vale la pena di un piccolo sacrificio, anche se apparentemente minimo.
Ci sarebbero tracce e tracce di riflessione e studio - e non solo da un punto di vista artistico - a cominciare dal fenomeno del collezionismo e dalla "religione" del non oggettivo che lo ha guidato per decenni, ma quello che mi ha più colpito - pur nella stupefazione - è la differenza di universi che una mostra costruita sulla curiosità di un uomo riesce a dare a vedere.
![](https://lh3.googleusercontent.com/blogger_img_proxy/AEn0k_v_EdmQOGLKo4BdR7uFSCVaiDJvanSnYdJX2GZpTbf9usp3FXJIbhFcbgesYmwu2fHCx_AwjvdqqiwkbR-WoxouwAOX1rNvFOi3EwPxdCtxpy2sQcjfBw=s0-d)
La prima sala, dedicata a maestri del XIX secolo come Renoir, Manet, Cézanne e Van Gogh, presenta un'incredibile diversità di tratti e di impiego della materia pittorica, ma anche una continuità innegabile, una sperimentazione condotta su basi comuni. Anche la magnifica tela di Picasso Fernande con una mantiglia nera, una delle più belle dell'intero percorso, pur con l'emergere nebbioso della figura dallo sfondo emana un'aria familiare, sposata al genio unico.
![](https://lh3.googleusercontent.com/blogger_img_proxy/AEn0k_sArkPpRzx9TpTKYtIFFco5jqzPSRns95wV70R-Bjw0aVXbkKv_qGXI3wiQ8Xb3sT6HRdg4mnvq_rwqisOs9VLj8v_zG64vpzag4JnjrjsowqsUC6ScBHo=s0-d)
E poi tutto salta! Un'intera parete di Kandinsky e ogni seppur vaga familiarità si rivela ingannevole, dall'estremizzazione del ritratto di gruppo in crinolina fino allo splendido Diversi cerchi. Eppure ancora è forte l'idea di arte, l'oscuro senso di perfezione che emana da tele indescrivibili, che sanciscono il divorzio da ogni possibilità discorsiva e richiedono l'esperienza diretta e muta.
È proprio qui che, secondo me, corre il discrimine con la seconda metà del XX secolo, con i nostri tempi.
L'intellettualizzazione delle avanguardie trasforma l'idea di arte in quella di enigma, di boutade, di affermazione criptica che non è possibile decrittare senza una sempre crescente preparazione teorica e - quel che è peggio - senza la condivisione dell'universo valoriale e spesso esperienziale dell'autore. L'opera d'arte non si sente più, non si sperimenta: la si deve spiegare. E l'arte scompare.
Non ovunque, certo, non sempre. La sensazione, però, è sempre più spesso di amara presa in giro, o tutt'al più di satira geniale e redditizia, come in Warhol, ampiamente rappresentato. Manca del tutto l'esperienza estetica descritta da Gadamer e provata in tante occasioni, il brivido, lo stupore a volte invidioso per l'abilità e la maestria dell'artista. A volte. In altri casi i panorami sono alieni, sognanti e affascinanti, come in Rothko, dove l'essenzialità non appare affatto l'alibi dell'incapace, ma un mezzo espressivo potente e profondo.
Ci sarebbero tracce e tracce di riflessione e studio - e non solo da un punto di vista artistico - a cominciare dal fenomeno del collezionismo e dalla "religione" del non oggettivo che lo ha guidato per decenni, ma quello che mi ha più colpito - pur nella stupefazione - è la differenza di universi che una mostra costruita sulla curiosità di un uomo riesce a dare a vedere.
La prima sala, dedicata a maestri del XIX secolo come Renoir, Manet, Cézanne e Van Gogh, presenta un'incredibile diversità di tratti e di impiego della materia pittorica, ma anche una continuità innegabile, una sperimentazione condotta su basi comuni. Anche la magnifica tela di Picasso Fernande con una mantiglia nera, una delle più belle dell'intero percorso, pur con l'emergere nebbioso della figura dallo sfondo emana un'aria familiare, sposata al genio unico.
E poi tutto salta! Un'intera parete di Kandinsky e ogni seppur vaga familiarità si rivela ingannevole, dall'estremizzazione del ritratto di gruppo in crinolina fino allo splendido Diversi cerchi. Eppure ancora è forte l'idea di arte, l'oscuro senso di perfezione che emana da tele indescrivibili, che sanciscono il divorzio da ogni possibilità discorsiva e richiedono l'esperienza diretta e muta.
È proprio qui che, secondo me, corre il discrimine con la seconda metà del XX secolo, con i nostri tempi.
Non ovunque, certo, non sempre. La sensazione, però, è sempre più spesso di amara presa in giro, o tutt'al più di satira geniale e redditizia, come in Warhol, ampiamente rappresentato. Manca del tutto l'esperienza estetica descritta da Gadamer e provata in tante occasioni, il brivido, lo stupore a volte invidioso per l'abilità e la maestria dell'artista. A volte. In altri casi i panorami sono alieni, sognanti e affascinanti, come in Rothko, dove l'essenzialità non appare affatto l'alibi dell'incapace, ma un mezzo espressivo potente e profondo.
venerdì 3 giugno 2005
mercoledì 1 giugno 2005
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un'acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d'un greto,
esiguo specchio in cui guardi un'ellera i suoi corimbi;
e su tutto l'abbraccio d'un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s'esprime libera un'anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un'ondata di calma,
e che il tuo aspetto s'insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d'una giovinetta palma...
Credo che sia una delle più belle poesie che io abbia letto in vita mia. In ossequio allo spirito del blog, non ricordo più perché mi è tornata in mente né quando, ma visto che mi è stato fatto notare che ultimamente mi sono limitato un po' troppo ai film, ho pensato di trascriverla comunque. D'altronde non credo abbia bisogno di alcun commento o motivo al di là di se stessa...
scorta per avventura tra le petraie d'un greto,
esiguo specchio in cui guardi un'ellera i suoi corimbi;
e su tutto l'abbraccio d'un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s'esprime libera un'anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un'ondata di calma,
e che il tuo aspetto s'insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d'una giovinetta palma...
Credo che sia una delle più belle poesie che io abbia letto in vita mia. In ossequio allo spirito del blog, non ricordo più perché mi è tornata in mente né quando, ma visto che mi è stato fatto notare che ultimamente mi sono limitato un po' troppo ai film, ho pensato di trascriverla comunque. D'altronde non credo abbia bisogno di alcun commento o motivo al di là di se stessa...
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