lunedì 6 ottobre 2014

Rush

È un po' che non scrivo, vero. Ho saltato qualche film - non molti, perché la febbre da serial non accenna a diminuire e presto mi toccherà aprire a commenti più estesi in proposito - ma è stato un anno complicato e mancava fondamentalmente la voglia. Rush me l'ha fatta tornare :) non tanto perché è un gran bel film: ottima fotografia, colonna sonora fantastica, bravi attori e bella regia; quanto perché, di nuovo, riporta a un tempo in cui c'era un equilibrio che poi è mancato. Un po' come quando ho scritto di Leatherheads - qui: il fascino della fase istituente, lo spazio al romantico e all'immaginale prima che l'economico prenda definitivamente il sopravvento. Non che in Rush questo manchi, anzi: il morituri te salutant a uso e consumo del pubblico pagante è terribilmente presente, ma non ha ancora colonizzato del tutto la cosa. La nutre e se ne nutre, ma c'è dell'altro, come il dialogo finale tra i due eroi mette bene in luce: uno l'eroe puro, capace solo dell'azione, ma che azione! L'altro, già calcolatore, tecnico, con un piede nel triste mondo che verrà, ma comunque disposto a cedere un titolo mondiale per la sua vita e per l'amore, comunque grande pilota. E c'è una bella notazione, all'inizio, sull'interesse delle fanciulle per i piloti. Dice Hunt - Chris Hemsworth, in altre parole Thor :D - che è dovuto alla vicinanza della categoria alla morte e al surplus di vita che ne consegue; il che non sarà granché razionale, ma è capace di spiegare molte delle dinamiche autodistruttive cui si assiste oggi, che la vita amministrata e computata è sempre più difficile da definire tale e a molti non resta che giocare per il surplus, sperando di ottenerne almeno un assaggio.