lunedì 27 aprile 2015

St Vincent - Avengers: Age of Ultron

Ne avevo letto qualcosa poi mi è capitato in aereo andando a Istanbul, il che gli aggiunge volenti o nolenti un bonus :) St Vincent non è entusiasmante, ma è un buon film, onesto, con un Bill Murray in vena, anche se sempre un po' surreale, capace di esprimere un mondo di emozioni con pochissime variazioni d'espressione e un giovanissimo assai in gamba, Jaeden Lieberher che sospetto ci troveremo tra i piedi spesso, nei prossimi anni. Piccola storia, piccoli personaggi, di quelli che ti chiedi che stanno a fare in un film, ma una filosofia che faccio mia senza esitazioni: è partendo dal piccolo che si operano i grandi cambiamenti. Anche senza volere. Conseguenze impreviste, supernove minuscole che d'un tratto ti abbagliano, momenti di vita apparentemente indegni di nota: un buon cocktail e un eccellente spunto di riflessione.


Qui invece cose enormi: dèi, intelligenze artificiali, tecnologia inimmaginabile. Il cattivo tragicamente (in senso letterale) autoprodotto da Tony Stark sfrutta le ultime frontiere del sapere per strappare un asteroide alla terra e rischiantarcelo contro per causare un nuovo salto evolutivo. Fatica sprecata, quando l'umanità sta facendo tutto da sola senza alcun intervento esterno. Il tutto origina però dal desiderio di proteggerla, questa benedetta umanità! Peccato che come al solito la sicurezza si cerchi attraverso il controllo, perdendo di vista alcuni fatti cruciali dell'esistenza. Come diceva saggiamente Harry Potter, "se ogni volta che facciamo un piano non funziona mai, tanto vale lasciar perdere" :) La fastidiosa incapacità di prevedere gli effetti delle azioni dovrebbe essere la prima cosa che si impara, in qualunque contesto: se non l'hai ancora capita quando sei un supereroe lo sconquasso è inevitabile. Nel complesso, e per quanto mi dolga dirlo, la parte migliore del film era la pubblicità in 3D della carta igienica che l'ha preceduto :D

martedì 24 febbraio 2015

Fringe

Se ne parlava a lezione tempo fa e una mia studentessa mi dice: "Ha visto Fringe, professore? Almeno le prime tre stagioni". E devo ammettere che lungo la quarta e la quinta qualche difficoltà l'ho incontrata. Più che altro, credo, per quel pestifero meccanismo dell'abitudine che si impadronisce di te ogni volta che abbassi la guardia e ti spinge a rifare le stesse cose, a rivedere le stesse cose, a confortare le aspettative più infime ed esserne rassicurato. Allora una serie - che si chiama così proprio per quella ragione - deve continuare ad essere uguale a se stessa, altrimenti che serie è? E invece Fringe sgarra di brutto: cancella personaggi centrali, butta per aria linee temporali, semina indizi apparentemente privi di senso in tutte le stagioni e all'ultima cambia radicalmente tutto, tranne un pugno di personaggi. Non più un investigativo di confine, ma un dramma sulla libertà postapocalittico. Di che battere la capoccia al muro!

Eppure, per una volta, gli sceneggiatori l'hanno azzeccata in pieno. Certo, c'è qualche caduta, qualche filo che resta appeso, ma la quinta e ultima stagione recupera tutte le trame e dona loro senso. E soprattutto esplicita la critica all'iperrazionalismo moderno in modo superbo, senza voler essere didattica e proprio per questo con grande efficacia. Chi sono gli Osservatori, se non gli uomini cartesiani al potere? E cosa fanno nei confronti dell'anomalia che potrebbe annientarli? Di fatto la stagione è - ancor più delle altre - un trattato di filosofia della scienza sotto mentite spoglie, una riflessione sul destino e un ultimo saggio della bravura della gran parte del cast, già da tempo impegnato in doppi ruoli di notevole difficoltà interpretativa, ma stavolta chiamato a reggere un ritmo diverso, dove il focus è sull'interiorità e non sull'azione, su quelle emozioni che gli invasori hanno rimosso definitivamente (almeno credono...) e che invece costituiscono il nocciolo profondo dell'umanità.

Smetto quando voglio

Prima di tutto evviva! Un film italiano divertente e intelligente che non ti fa sbuffare neanche una volta di rabbia, ma piuttosto rotolare in terra dalle risate. Risa amare - e non credo ci sia nessuno più titolato del sottoscritto a dirlo o degli altri che ancora tentano di fare università - ma credo siano proprio quelle che centrano il bersaglio. Che ti inducono a ripensarci e a capire qualcosa di più. Sarebbe il caso che lo vedessero le famose "anime belle" che continuano ad avvelenare gli atenei con le loro pretese di "conformarsi alle richieste del mercato del lavoro"... Il mercato del lavoro cerca quinte elementari, non gente con proprietà di linguaggio o conoscenze scomode; ti obbliga a contemplare la rinuncia ai titoli o la falsificazione del curriculum. Direi che è molto meglio ridere e sperare che qualcuno prima o poi capisca che le risorse dovrebbero servire a cambiare le teste e gli occhiali, non le discipline. Ovviamente da vedere senza ulteriori esitazioni :)

martedì 17 febbraio 2015

Grand Budapest Hotel

Che dire? Wes Anderson non smette di stupirmi ed è un dono raro. Ogni volta che vedo un suo film mi chiedo: come diavolo gli è venuto in mente? E come ha fatto a coinvolgere così tanti ottimi attori in un progetto del genere? E nel complesso la cosa mi rimette di buon umore, perché Grand Budapest Hotel è la conferma del fatto che c'è gente che fa questo bel mestiere in omaggio alla propria immaginazione e al gusto di realizzare qualcosa che ritiene bello, non per preoccupazioni di botteghino, di audience e tutti gli annessi e connessi che stanno portando all'omologazione e alla morte di ogni arte, musica in testa e cinema a ruota. Di fatto, guardare un film di Anderson è come sfogliare un almanacco di dagherrotipi, una sequenza di immagini ieratiche e dignitose che per un qualche colpo di genio compongono una storia. In questo caso la trama sfiora addirittura il thriller e porta con sé un ritmo e una levità che ad alcuni degli altri lavori mancano, ma non è che sia essenziale. Essenziale è la maestria degli attori nell'incarnare il senso profondo dei personaggi, nel rivelarlo con un'impercettibile alzata di spalle o uno sguardo fisso nell'obiettivo. Del cast non dico nulla, è talmente ricco e variegato da risultare imbarazzante :) e tutti, dal primo all'ultimo, si meritano un bell'applauso.

domenica 8 febbraio 2015

Monuments Men - John Wick

Nota scritta un po' in ritardo, credo per scarso entusiasmo :) Monuments Men è un film ben girato, con un cast magnifico e su un tema che spesso la nostra triste cultura considera secondario. Come ben illustra la chiusura che ogni volta che ci penso mi fa girare l'anima a mille! Un generale che chiede a George Clooney (anche regista) se era valsa la pena di perdere due uomini per salvare migliaia di opere d'arte... Uno di quelli che ne perderebbe a migliaia per una questione strategica, economica o di potere che fa la predica a chi ha avuto il coraggio di rischiare la sua di persona per un ideale comune all'umanità! Forse è per questo che ho tardato a scrivere il post: trovo raccapricciante la sola idea che qualcuno possa porsi il problema e credo che sia semmai uno dei pochi buoni motivi per sacrificarsi. A prescindere, comunque, oltre alle buone intenzioni e al mestiere, il film mi è sembrato un po' troppo americano. Resta però un bel modo per passare la serata.

Questo l'ho appena visto, il che dà un'idea del mio giudizio :) Giudizio del tutto esperienziale e personale: ci sono cose che semplicemente vanno fatte. Dopo Matrix e Constantine, John Wick va visto e basta. Se poi non t'aspetti il capolavoro, ma un bel film d'azione con uno dei tuoi attori preferiti, sei a posto. E poi è una di quelle trame che genera pathos e nostalgia: chi non vorrebbe potersi fare giustizia da solo, a volte, soprattutto quando uno con una faccia come quella di Alfie Allen - colui che si è assunto l'ingrato compito di espiare le malefatte di Theon Greyjoy in Il trono di spade :) - ti ha rubato la macchina e ammazzato il cane? Se poi capiti essere una macchina da guerra temporaneamente a riposo, ne viene fuori una mattanza a 360 gradi, altamente soddisfacente :D Devo dire poi che il cast è costruito con sapienza, con molti bei visi in ruoli più o meno di contorno, ma che creano un'atmosfera gustosa: c'è Ian McShane, che ricordo con gran piacere da Deadwood, a parte le altre belle cose; c'é Willem Dafoe e non serve altro; c'è Michael Niqvist, idem; c'è Lance Reddick, che ritrovo da Fringe e molti altri. E soprattutto c'è Keanu Reeves al quale sono riconoscente, oltre che per i film succitati, per non essersi rifatto i denti e per star invecchiando con dignità, con qualche segno del tempo che passa e un fisico ancora invidiabile :)