domenica 29 marzo 2009

Umberto Boccioni - Visioni simultanee
Ieri (e oggi, è bene ricordarlo :) era una delle Giornate di Primavera del FAI, il Fondo per l'Ambiente italiano, istituzione meritevole che tenta di rimediare alla "disattenzione" di governo e parlamento (la minuscola è voluta) verso la questione artistica e ambientale. Di cui, faccio presente, l'Italia sarebbe la prima titolare mondiale con percentuali bulgare di beni di altissimo pregio e uno scenario naturale tra i più vari e affascinanti esistenti - almeno fino a qualche decennio fa... Anyway, per quanto apprezzi l'opera del FAI non posso non notare che la strategia adottata finora per riportare la "gente" a contatto con i monumenti altrimenti indisponibili lascia piuttosto a desiderare. Ieri si è andati a vedere palazzo Koch, sede della Banca d'Italia. Perlomeno, ci si è provato. Verso via dei Serpenti c'era una fila a esaurimento di circa 200 persone; dall'altra parte, via del Mazzarino, la fila arrivava in fondo alla via in questione ed era in aumento costante. I volontari ci hanno gentilmente informato, alle due di pomeriggio, che avevamo di fronte più di due ore e mezza di attesa perché, tra l'altro, avevano scoperto che il giro di visita non riusciva a durare 7-8 minuti come da previsione, bensì arrivava al quarto d'ora. Evidentemente non avevano abbastanza pattini da distribuire ai convenuti. Credo che sarebbe tempo di sostituire l'approccio pseudodemocratico/quantitativo con qualcosa di più attento, magari diffuso su più date, con prenotazioni telematiche etc.
Cmq dopo qualche chiacchiera e risata abbiamo deciso di cambiare obiettivo e siamo andati alle vicine Scuderie del Quirinale, dove - alla mostra del Futurismo - non c'era praticamente nessuno *lol* Bella mostra, devo dire, contrariamente alle tante critiche lette in giro sulla frammentazione campanilistica delle celebrazioni per il centenario. Non amo le iniziative enciclopediche in cui l'attenzione cede dopo poche sale e ci si trascina a stento fino alla fine senza ricordare praticamente nulla. Qui il rapporto opera/spazio è giusto per valorizzare le opere, lasciare che respirino e creino attorno a sé la famosa aura che dovrebbe ormai essere scomparsa... Peccato come al solito per un'illuminazione spesso da incompetenti, che obbliga a spostamenti rabdomantici in giro per le sale alla ricerca di un punto di vista possibile! A parte questo, ho ormai deciso che Umberto Boccioni è uno dei miei preferiti, uno di quelli che se ne sono andati probabilmente troppo presto, anche se di recente ho qualche dubbio sulla pertinenza di simii osservazioni... L'ottimismo è più forte della ragione, però, e una ricerca che aveva portato agli Stati d'animo (sotto il 2) - esempio di una mirabile sinestesia - o alle Visioni simultanee qui sopra avrebbe dato chissà quali altri frutti. Da segnalare un magnifico Severini, La danza del Pan Pan al Monico, un grande formato che irradia le sue armonie coloriche per l'intero pianterreno, un bel Picabia verso la fine e I funerali dell'anarchico Galli di Carrà, che è sempre un gran bel vedere. Nel complesso i pregiudizi giovanili che nutrivo verso il movimento cedono il passo a una coscienza estetica più matura e ogni incontro col Futurismo rivela nuove sfumature ed emozioni: una delle ultime occasioni in cui riflessione intellettuale e risultato artistico si rafforzano e completano in una bella esperienza.
Umberto Boccioni - Stati d'animo II Quelli che vanno 

domenica 22 marzo 2009

The WrestlerLa parola è "tardi". Quella che descrive il film, intendo. Spero vivamente che per Mickey Rourke, nella vita reale, non valga, perché non credo se lo meriti. A guardarlo si direbbe che abbia pagato abbastanza e un po' di pace e di soddisfazione alle volte ci stanno. Per the Ram, invece, è decisamente tardi. Non per toccare un'ultima volta la platea e non mi riferisco solo al suo pubblico, la sua famiglia. Parlo anche di noi al cinema, col fiato corto se non addirittura in apnea, collo stomaco chiuso e un'incredibile, spiazzante sensazione di fragilità allo sterno, proprio lì dove c'è la cicatrice. A furia di sentirlo usare in contesti grigi come X factor, avevo perso il senso del verbo "arrivare". Qui invece mi è stato restituito appieno, se non portato a nuove capacità descrittive. Non so quanto bravo sia stato Sean Penn - che peraltro adoro - ma stavolta so a prescindere che l'Oscar se lo sarebbe meritato tutto questo "vecchio pezzo di carne maciullata", perché non mi ricordo che qualcun altro mi sia arrivato così dentro, che sia riuscito a trasmettere con una tale efficacia animale il senso del guerriero e della sconfitta. Perché Randy non è un padre, né un compagno, né un banchista. E' uno che è nato per combattere, ha il suo demone impietoso e feroce e come un antico sacerdote non può che dargli il sacrificio che pretende. Non solo sua figlia, non solo una bellissima e struggente Marisa Tomei... D'altronde si sa - e raramente si apprende con tanta chiarezza - il demone è smisurato.

Mickey Rourke in The Wrestler
 
Ponyo sulla scoglieraE' un film che farei vedere ripetutamente a quelli che si sperticano ogni momento sull'aiuto che le nuove tecnologie non possono non dare alla creatività umana. Come se si trattasse di strumenti e non di qualcos'altro, che ci stiamo applicando a smantellare, a delegittimare, a negare. A rinnegare forse è persino meglio. Il contatto profondo con le sorgenti dell'ispirazione, la gioia della narrazione a prescindere dagli schemi correnti, l'essere visionario senza cliché e snobismi, l'essere umano in tutta la giocosità e la spensieratezza che sono appannaggio del puer aeternus che dovremmo ricordarci di essere un po' più spesso: queste sono le doti che ammiro e un po' invidio - con misura - in Hayao Miyazaki, ripetutamente ospite di queste pagine (vedi qui e qui). Forse più del solito, in Ponyo sulla scogliera, la dimensione onirica dilaga e impera, un po' come il mare possente di pesci/onde che la piccola Ponyo cavalca esultante. Numerose scene e inquadrature sono veri e propri quadri ed echi di altri autori amati risuonano un po' dappertutto, in particolare Moebius e Pazienza. Ma l'espressività della piccola creatura marina, la gestualità adorabile che il maestro e la sua équipe le hanno donato, sono tutta farina del sacco di Miyazaki e del suo amore per i piccoli eroi, che riescono a essere al centro di vicende molto più grandi di loro senza che la loro freschezza o la drammaticità del tema ne risentano. La sequenza iniziale della rete a strascico che cattura Ponyo è un'accusa feroce all'incuria idiota con la quale gli uomini trattano il mare, come l'intero film è la profezia o il sogno di una nuova alleanza. Quasi per nulla didascalico. Estremamente poetico. Terribilmente inattuale.

sabato 21 marzo 2009

Jack Bauer
Ho finito di vedere la sesta stagione di 24 con grande ritardo sui palinsesti, perché ho cercato di seguire il mio ritmo interno e non posso che dire chapeau! La scrittura è serrata e ansiogena come e più del solito, le insidie della famigerata ripetizione scansate attraverso l'uso sapiente di temi secondari e variazioni e una maestria nel ritmo e nella regia di cui si vedono pochi esempi. E poi... Poi c'è Jack Bauer, l'eroe di questo tempo, uno dei pochi miti che la nostra cultura è riuscita a esprimere. C'è in lui tutta la tragedia della nostra particolare condizione: l'ardere dei vecchi valori e lo scontro perenne con quello che la società ci ammannisce, le contraddizioni laceranti che questo cocktail impone a chi ne sia portatore, il paradosso sistemico che va ben oltre e insiste in ogni modo possibile sul fatto che puoi salvare la struttura solo tradendone lo spirito, che la devi salvare da se stessa e dai suoi malefini regolamenti e controlli, ma che questo non ti farà star meglio, perché la struttura la porti dentro e anche se la tradisci per amore la tradisci comunque... E Kiefer Sutherland è perfettamente nella parte. E' il capro e il carnefice, la giustizia, il giudice e l'umiltà, lo strumento e l'occhio che lo guarda da lontano. Mi sembra difficile non amare Jack Bauer. Io perlomeno non ci riesco

sabato 7 marzo 2009

WatchmenNon credo di ricordare un lieto fine peggiore! Una di quelle cose come l'ultima ciliegia che fa schifo e ti rovina la bocca dopo una splendida scorpacciata o l'insoddisfazione che viene a volte quando si è ottenuto qualcosa con l'inganno. E proprio di questo si tratta, o meglio non solo ma in buona parte: carpire il lieto fine a spese di... Beh, non voglio fare lo spoiler, per cui non elaboro ulteriormente su questo, bensì sulla parte ancora più acida e indigesta: sul fatto che è veramente l'unica maniera di immaginare un happy end. Il che è terribilmente deprimente. Per fare il bene dell'umanità bisogna ingannarla, perché è talmente stupida da non riuscire a farlo in altro modo. Come dice il Comico, gran bel personaggio contraddittoriale col simpatico volto di Jeffrey Dean Morgan (già visto in Grey's Anatomy), "noi supereroi siamo qui per proteggere gli americani!" "Da cosa?" gli si chiede. "Ovvio, da se stessi!" Approccio disincantato che torna con un'altra battuta memorabile: "Sai qual è il problema del sogno americano? Che si è realizzato!" Immagino che in parecchi noteranno come non possa non essere visceralmente d'accordo con questo mood, che di questi tempi sembra imporsi contro ogni ragionevole (o meno) obiezione. D'altronde vivo in un paese dove si pensa di reagire alla crisi con un gigantesco condono edilizio, come se il tema ambientale fosse una fisima da "abbronzati" e non l'unico tema che val la pena di prendere in considerazione. Il dottor Manhattan e Ozymandias l'hanno capito perfettamente, come hanno capito che l'unico sistema per sanarlo è travestirlo col sangue e l'inganno. A parte questo, pellicola interessante: un po' lenta, soprattutto all'inizio, ma mai noiosa. L'atmosfera che ricrea, da ucronici anni '50, pervade e affascina; gli attori - nessun volto particolarmente noto, buon livello medio di performance - sono giusti per dei supereroi in minore, privi di caratteri distintivi, semplici guardiani più che altro, come il titolo suggerisce. Gente di buona volontà che paga un prezzo alto, niente di straordinario. Bello il personaggio di Rorschach, Manhattan mi lascia un po' perplesso. Su Silk Spectre niente da ridire
The Comedian