venerdì 28 dicembre 2007

CommediasexiCon un Natale di ritardo mi sono fatto questo cinepanettone fuori formato e devo dire che non ne sono pentito L'idea di usare un film natalizio per una satira sulla società italiana non è male e tutto sommato il risultato è più che decente: risate, umorismo per una volta non da caserma e cast all'altezza: Stefania Rocca, che me piace tanto, Elena Santarelli che sfata un tantino lo stereotipo della bella incapace (pur essendo bella sul serio!) e i classici del nostro cinema, Rubini, la Buy, Placido. Su Bonolis non lo so: un po' Andreotti, tanto Sordi, non so chi è lui, com'è, che fa di suo... Bah! Sotto al riso festivo, cmq, la critica di costume è piuttosto precisa e non troppo amorevole: Porta a porta, le strane distorsioni del passaggio in tv e sui rotocalchi, l'ovvietà del tradimento - tanto da rendere inconcepibile una qualche forma di serietà; tutte cose che si vedono in giro a ogni pié sospinto e sulle quali temo non ci sia granché da ridere. Meglio cominciare con una sana risata, però, che far sempre finta di niente! Magari poi qualche riflessione un tantino più seria si tira anche fuori...

giovedì 27 dicembre 2007

La bussola d'oroE' Natale e di conseguenza si approfitta di tutto questo tempo libero per riprendere vecchie abitudini un po' sacrificate, tipo andare al cinema Stavolta è toccato a La bussola d'oro, riscattato da pareri entusiasti di amici e critica a un pregiudizio che me l'avrebbe fatto perdere. Ed è stata una fortuna, perché più che un fantasy è un trattato illustrato di psicanalisi. L'eccellente Philip Pullman, autore dei romanzi da cui il film è tratto, deve aver mangiato pane e Hillman a colazione per un po' e avere una mano eccellente per i simboli, perché il mondo in cui hanno luogo gli avvenimenti del film è una metafora immaginale perfetta del nostro. Lì un Magisterium, governo aristocratico in odore di teocrazia, pretende di gestire l'intera popolazione - per il suo stesso bene, naturalmente - privandola della capacità di subire gli effetti della polvere, un agente metafisico che apre il contatto tra i mondi. Lì gli uomini vivono col proprio daimon accanto, invece che dentro di loro, come accade qui. E questo daimon ha forma d'animale. E immediatamente ci chiediamo, noi spettatori ignari: cosa darei per averne uno anch'io, un coniglio dalle orecchie enormi o un'aquila o una tigre bianca che mi accompagni sempre, sia me e anche altro, mi sia fedele e faccia sì che io non sia mai solo? Qualsiasi cosa, è la pronta risposta. Bene, naturalmente la polvere agisce attraverso il daimon - ma pensa! - e il Magisterium di cattivi non trova niente di meglio, per proteggere se stesso e i suoi adorati sottoposti, che privarli del loro daimon per far sì che non disubbidiscano più... Qui una cultura forte, molto forte, tenta da secoli di uccidere il daimon che ognuno di noi porta in sé esattamente per le stesse ragioni, sostenendo in maggiore o minore malafede, che è solo per il nostro bene. E uccidendo quello splendido totem uccide se stessa e il pianeta che ci ospita. E ritiene che un mondo di acciaio, vetro e denaro sia molto, molto più bello del tutto vivente che c'era prima, sporco, libero, imprevedibile.
Alcuni grandi pregi del film: l'oro è soltanto nella bussola, buoni e cattivi per ora agiscono "solo" per motivi alti - e la bussola è un altro simbolo immenso, soprattutto se, come questa, serve a trovare la verità; gli effetti speciali sono semplicemente magnifici, mi limito a citare il fascino dei daimon e degli orsi corazzati e le atmosfere dei diversi luoghi in cui si dipana la storia. Alcuni difetti: gli snodi della trama sono un po' semplicistici e la storia finisce molto per modo di dire, visto che il secondo episodio è chiaramente in agguato. Un difetto che è un pregio e che Hillman apprezzerebbe: la semplicità a volte è dettata dal Destino e i personaggi lo accettano come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come se non ci fosse alcun bisogno di chiedersi "Perché proprio io?"
Un orso corazzato

sabato 15 dicembre 2007

Jont liveEbbene sì, la mia scommessa brit pop è tornata Dopo poco più di un'anno dalla volta scorsa, Jont ha suonato di nuovo a Roma ed è stato veramente piacevole, nonostante delle difficoltà logistiche che gli hanno quasi fatto sfasciare la chitarra in testa ad astanti un po' troppo ciarlieri E dire che avevo appena finito di pensare che il suo aplomb era ammirevole! In effetti ha proprio l'aria di uno che mentre suona entra in una sua bolla privata e riesce a non far caso alla maleducazione circostante, ai problemi dell'impianto, agli spazi non esattamente concepiti per una serata live. Comunque, un concerto/serata tra amici molto piacevole e la constatazione che il ragazzo sta crescendo, come il video qui sotto dovrebbe mostrare chiaramente. Ho comprato il suo secondo CD autoprodotto, di nuovo autografato, e gli ho fatto presente che ormai ha una precisa responsabilità nei miei confronti e deve perciò diventare famoso a stretto giro di posta. Mi ha fatto un bel sorriso: credo mi piaccia perché non dà l'idea di uno che non saprebbe vivere senza il grande successo. Ragion per cui se lo merita. Ascoltate e fate ascoltare. Nel video, l'ancora inedita ma veramente interessante The Storm Is Coming (o forse Let's Roll :o)

sabato 8 dicembre 2007

Più libri più liberi VI edizioneTorno proprio adesso dal Palazzo dei Congressi, ubriaco di carta e d'inchiostro. Stand con editori di ogni tipo, impegnati, spensierati, per ragazzi, esoterici, ditene una e l'avrete e un sacco di gente! Decisamente un'ottima notizia per uno che ha fatto la tesi sull'industria culturale e le distorsioni del mercato librario in Italia... Bei tempi Per me, non certo per i libri. Né le cose migliorano granché, si legge in giro e si sperimenta sulla pelle. Poi però vai all'EUR e c'è una fila inesausta di persone che vogliono entrare e non sono tutti VIP e semiVIP, né tutti intellettuali fatti e rifiniti - anche se ce n'erano un bel numero C'era anche tanta gente normale, in cerca. Di uno stimolo, di un'idea, di una copertina, di una storia. E queste sono le buone notizie. Poi le riflessioni un po' più così. Mi tornava in mente il Serra de Il nuovo che avanza, oppure in una botta di intellettualità supponente il Simmel de Le metropoli e la vita dello spirito: troppi stand, troppi libri, troppi editori. E mi sono trovato a confrontare il crepaccio interiore che mi accompagna da un po': se qualità non è quantità, come faccio a essere d'accordo con lo slogan della fiera? Quand'è che "più" non è "troppo"? Quando laGabriele Marconi - Io non scordo smetteremo di immaginare il genere umano composto da solari entità critiche e autonome per ripiegare su un più ragionevole insieme di questi primi e di altri, secondi, meno capaci di giudizio, più bisognosi di guida e consiglio? Come se lo sentissi: "E chi sarebbero queste guide? Siamo stufi di profeti e condottieri bla bla bla". Chi li cerca profeti e condottieri, basterebbe gente capace e onesta, mossa dalla passione e non dal solo tornaconto personale, come Richard Schlagman, di cui parlavo poco fa. Come ogni editore degno di questo nome che non sia uno stampatore che si dà delle arie. Non so quanti dei più libri valessero la carta che erano costati e quanti fossero solo rumore bianco, distrazione, pensieri che sarebbero rimasti senza danno per alcuno in testa al loro autore. Però me lo chiedo. Perché sì. Chiudo con una notazione fondamentalmente autobiografica: c'erano un sacco di editori con cui ho scritto, alcuni con cui forse scriverò, ma la cosa che mi ha più emozionato è stato vedere la mia vecchia tolfa protagonista della copertina di un mio amico, come vedete qui sopra. Strana storia anche quella, che sia finita su ricordi dell'altra parte. Ben scritti, però. Vissuti.

domenica 2 dicembre 2007

Una canzone per Bobby LongCi vuole coraggio e tanta bravura, dopo esser stato Tony Manero e Danny Zuko, a ballare l'Alabama shuffle in capelli bianchi e sandali, ubriaco e litigioso e fallito. Eppure John Travolta ci riesce bene, nessuno lo balla come lui e la scena è più intensa del duo con Uma Thurman, in Pulp Fiction. C'è un caleidoscopio di immagini quando balla, un'enciclopedia del cinema, volente o nolente. E lui è uno dei pochi ad andare avanti, a invecchiare e farne arte. Qui l'arte si spreca, anche perché Bobby Long parla quasi solo per citazioni, dai grandi: Robert Frost, Thomas Eliot, Dylan Thomas e via spigolando, in un tributo alla letteratura e al blues di New Orleans. Vedere i quadri della città, i colori, i locali del blues del Delta e pensare a Katrina aggiunge una nota struggente alla tessitura già di suo piuttosto crepuscolare e malinconica. Un gran bel film, magari troppo sbrigativo nel finale, alla ricerca di un lieto fine eticamente condivisibile ma che sa troppo di majors; un'altra storia di redenzione e realizzazione di sé con quel tocco artificiale che anche l'americano più introverso non riesce a evitare. Brava ma non entusiasmante Scarlett Johansson, bravo - anche se confrontato al grande vecchio - Gabriel Macht. E una colonna sonora di vaglio, in cui John canta pure, e bene, il title track.

sabato 1 dicembre 2007

Va bene, l'audio non sarà un granché, ma il feeling c'è tutto! D'altronde è Sugar Mice, dal tour Clutching at Stars, quello dove sono stato ieri sera, in un locale niente male a Morena, appena fuori dal raccordo: la Stazione Birra  E lui, per chi non l'avesse riconosciuto, è Fish, ex frontman dei Marillion, ora solista da vent'anni. E per festeggiare si è inventato una combinazione azzeccatissima di pezzi vecchi e nuovi, con buona parte di Clutching at Straws, ultimo album dei Marillion cui ha partecipato. Riascoltare la canzone qui sopra dopo tutto questo tempo è stato emozionante, come anche vedere lui chiaramente invecchiato ma sereno, a tratti felice come un bambino per la gioia della musica e dell'entusiasmo che l'attempato pubblico romano non ha minimamente lesinato, e sentire un legame, attraverso gli anni e gli eventi. Anche se non ci conosciamo né ci conosceremo, anche se sono solo due brevi collisioni nella vita. C'è qualcosa nei concerti dal vivo, quando è musica che ti ha fatto da colonna sonora, accompagnandoti, e ti trovi lì con altri mille per i quali è ovviamente, splendidamente lo stesso a cantarla. Ti viene voglia di dire al vecchio Fish quello che lui ha detto a noi ieri notte: "Thank you, you're fuckin' great!"
P.S. per chi volesse leggere la versione meno sentimentale della recensione al concerto, questo è il link da seguire
Fish con i Marillion

giovedì 29 novembre 2007

Come si fa a non vedere che il problema non è il rom assassino che si fa bello delle sue gesta, ma chi pensa di sfruttarlo per ottenere visibilità mediatica? E soprattutto come si fa ad accettare supinamente una cultura in cui la visibilità costruita sul sangue è fonte di richiamo e interesse?

lunedì 26 novembre 2007

Libri PhaidonQuando Schlagman la compra, Phaidon ha meno di 40 impiegati e un bilancio in crisi. Oggi conta più di 150 dipendenti, per non parlare di collaboratori e consulenti, più sedi a Londra, New York e in ogni parte d'Europa. «Bisognava tornare alla formula originale: il massimo della qualità, il minimo di prezzo. La differenza però era nell'allargare il campo. Parlare di arti e non solo di arte, cercare i ponti tra le discipline, non inseguire il mercato, ma innovare, rischiare e non chiedersi mai "cosa vuole la gente", ma cosa vogliamo dare noi alla gente».

Richard Schlagman, intervistato per «L'espresso» da Alessandro Mammì

venerdì 23 novembre 2007

Nebbie e delitti 2
Sono piuttosto contento di poter parlare bene, per una volta, di una produzione italiana. Innanzitutto devo fare ammenda, perché la prima serie l'ho vista fin troppo saltuariamente e alla seconda sono arrivato di rimbalzo "grazie" a una notte in più a Pg. Siccome tuttavia non tutto il male vien per nuocere... Trovo che Nebbie e delitti 2 sia interessante. Tanto per cominciare la recitazione tende mediamente all'accettabile, con Luca Barbareschi decisamente in vena, calato nel personaggio del commissario Soneri di Valerio Varesi - un dramma, altri libri da comprare *sigh* - e impegnato, credo, nello scrollarsi di dosso con successo la pesantissima eredità zingarettiana di Montalbano. Ironico, garbato ma tagliente, espressivo con ricercatezza, direi che ci riesce, sposando il contesto e il suo carattere, nebbie contro solleone, atmosfere introverse contro l'immensità del Mediterraneo. Lo affianca la bella Natasha Stefanenko, raro esemplare televisivo di carriera costruita con intelligenza a dispetto delle notevolissime doti fisiche.
Natasha StefanenkoE poi c'è il paradossale esotismo della serie, la sensazione di estraneità subito rivestita dal riconoscimento, che ti viene dall'essere sommerso quasi ogni giorno da un immaginario e una cultura diversi, tanto che quando ritrovi la tua nel tubo catodico ti spiazza. Niente CSI, niente inseguimenti in auto né miriadi di volanti alle calcagna del cattivo: uomini pochi, mezzi ancora meno e i cattivi né sfrontati né crudeli, anch'essi spesso umani, tormentati. Storie quasi vere - il quasi alla TV è di prammatica - e una scarsissima idolatria dell'efficientismo. Con in più cenni al limite dell'understatement al dibattito pubblico e alle questioni culturali contemporanee. Una serie da seguire quasi con gratitudine.

giovedì 22 novembre 2007

Dick e Jane Operazione furtoGira gira il mio inguaribile ottimismo trova sempre più spesso alimento Lo stravolgimento dei generi apre prospettive inedite e possibilità di mettere a punto grimaldelli capaci di scuotere certezze e ovvietà ideologiche, non con la pesantezza del ragionamento o la furia della concione, ma con una sana risata. Le apre ovviamente agli uomini di buona volontà e Jim Carrey, evidentemente, lo è. Gli aficionados sapranno che è uno dei miei attori preferiti e stavolta, come accade spesso, mi dà ottimi motivi per il mio giudizio. Commedia falsamente divertente - pur non rinunciando ai pezzi di maestria fisica e corporea di cui Carrey è maestro - Dick e Jane operazione furto è una riflessione leggera sullo stile di vita americano e sulle catastrofi che è in grado di causare nella vita della brava gente, quella che vorrebbe crederci e invece ne è vittima. Accanto a Tea Leoni-Jane, Dick vive la bancarotta della sua azienda così simile alla Enron e tutta la spirale che lo porta al fallimento di ogni sua aspettativa. Finché non si dà, con la compagna al fianco, alla rapina. Segue lieto fine, ma in questo caso è giusto e anch'esso amaro, come retrogusto. Quel che resta è un divertimento intelligente e l'esca a riflessioni critiche che il cinema troppo spesso scambia per prediche barbose o sussiego intellettuale della peggior specie. Per chi dubitasse dello spirito con cui Jim si è prodotto il film basta leggere i titoli di coda, che iniziano con ringraziamenti a Enron, WorldCom e altre numerose società bancarottiere che hanno seminato gli USA di ex-dipendenti ridotti sul lastrico.

mercoledì 14 novembre 2007

In Her Shoes - Se fossi leiTi metti a guardare una commedia, anche con un vago senso di colpa perché sai benissimo che la ragione che ti spinge - anche se cerchi di non ammetterlo - è Cameron Diaz... Nonostante i raffinati discorsi sul potere malefico del modello di successo e gli stereotipi della bellezza in Occidente, non sai evitare di comportarti come quel pollo che esperti di marketing e di cinema hanno in mente quando fanno certe scelte. E a volte lo fai senza troppi sensi di colpa: ci sono casi in cui resistere va al di là delle ragionevoli capacità del maschietto medio e questo è uno di quelli, la fanciulla è stratosferica. Come scopre il buon Richard Burgi, che pur essendo ufficialmente impegnato con la sorella (Toni Collette) ci finisce a letto in un batter d'occhio. E, per quanto mi applichi, non riesco a dargli torto
Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per una seratina leggera e spensierata, quando gli autori si rivelano dei sottili adescatori: ti attirano con due chilometri di gambe e poi ti raccontano della crescita interiore della pecorella smarrita. Certo, come si diceva con un'amica la settimana scorsa, le storie di Bildung degli americani sono sempre vagamente plastificate, ma secondo me è perché mancano del tutto dell'alfabeto emozionale che potrebbe aggiungere quel tocco di spontaneità e profondità che non ci starebbe male. Nel complesso, però, questa può andare. La bella Cameron finisce dalla nonna materna - una Shirley MacLaine in gran forma - che vive in una "residenza per anziani attivi" in Florida, mentre la sorellina racchia quasi si sposa. Avventure e disavventure varie e alla fine tutti felici e contenti. Resta una seratina leggera, ma con molti più spunti del previsto e alla fine ti senti anche assolto dall'iniziale debolezza che ti ci ha portato
Cameron Diaz in In Her Shoes

sabato 10 novembre 2007

The Bourne SupremacyNon che voglia ripetermi, ma sono veramente un ospite in casa mia *sigh* Mi viene da dirmi da solo "QUESTA CASA NON E' UN ALBERGO" Ecco perché riesco solamente adesso a registrare l'avvenuta visione di The Bourne Supremacy, che tra l'altro capita a fagiolo essendo appena uscito il terzo - e presumo - ultimo episodio della saga centrata sul ninja amnesico. Come nella prima puntata c'è qualche problema di coordinamento tra le diverse storie che si intrecciano sullo schermo, che immagino miri a riprodurre il casino che il povero sicario si porta in testa, riuscendoci egregiamente. Il montaggio arriva a livelli subliminali, ma nell'insieme il film è notevole: adrenalinico, ritmato, dotato di un'ottima colonna sonora. Certo, ti viene da chiederti come faccia uno che non si ricorda un accidenti ad applicare l'addestramento e tutti i protocolli appresi nella sua vita precedente, ma d'altra parte la sospensione del dubbio ultimamente è essenziale per potersi gustare una pellicola made in Hollywood senza aver voglia di urlare

P.S. Auguri a Pam, in fila per 6 col resto di 2

venerdì 26 ottobre 2007

StardustOh beh! Periodo giusto un cincinino convulso, con partenze e arrivi a dir poco ravvicinati, fortunatamente non tutti nefasti. Un weekend lungo a Londra, in effetti, è qualcosa di cui non ti lamenti, in linea di massima Se poi, nel w/e in questione vai anche a vederti Stardust a Leicester Square, ti lamenti ancora meno. Non tanto per Leicester Square, quanto per il film, che è veramente una chicca  un ottimo adattamento del romanzo di Gaiman, che chi frequenta questo blog sa essere uno dei miei autori preferiti, anzi - se fossi un tipo invidioso - l'autore che avrei voluto essere. Sebbene porti qualche modifica rispetto alla trama e sia lievemente meno disincantato e ironico (nel romanzo quando la stella cade, la prima cosa che dice è "FUCK!" *grin*) è comunque perfettamente in linea con lo spirito del libro e allinea un cast d'eccezione che non ingombra affatto il film. Eccellente Robert De Niro come Captain Shakespeare, magnifica Michelle Pfeiffer come Lamia, che vince senza sforzo alcuno il confronto con le pur belle giovani donzelle Claire Danes (la stella) e Sienna Miller (Victoria). Insomma, una cosetta da vedere di corsa!
Tra l'altro, nell'andirivieni, mi sono accorto di non aver segnalato - a parte che per la Scozia - la pubblicazione di svariate foto su Flickr, altra attività che incide in un modo o nell'altro sulle possibilità temporali dedicate a questo blog. Inizio coll'annunciare la presenza online della selezione dalle vacanze estive in Corsica.
Lavu de l'Oriente

E perfino - per i più pazienti e affezionati - quella delle Dolomiti dell'anno scorso
La valle dei Mulini

domenica 14 ottobre 2007

Ho appena finito un bel romanzo di Amin Maalouf, Samarcande, e c'era una piccola frase che mi ha fatto risuonare ricordi che non frequentavo da tempo. Diceva, a proposito di uno dei re della città che aveva cercato di sconfiggere la morte:
Amin Maalouf - Samarcande
Il dio della morte [...] doveva dimostrare agli esseri umani che nessuna creatura gli sfugge, quali che siano il suo potere o la sua ricchezza, la sua abilità o la sua arroganza. Samarcanda è così diventata il simbolo dell'incontro ineluttabile tra l'uomo e il suo destino.

Poteva non tornarmi in mente Roberto Vecchioni? Poteva anche darsi di no, tanto che ci ho messo un po' a capire cos'era quella strana eco che le parole evocavano. Poi, però, eccola qui, e con lei tante cose di trent'anni fa, le notti in spiaggia, le gite scolastiche... Tempo di ricordi, visto che ieri era anche il mio compleanno E così ho pensato di regalarmi, e regalarvi, una bella canzone!


C'era una gran festa nella capitale
perché la guerra era finita.
I soldati erano tornati tutti a casa ed avevano gettato
le divise.
Per la strada si ballava e si beveva vino,
i musicanti suonavano senza interruzione.
Era primavera e le donne potevano, dopo tanti anni,
riabbracciare i loro uomini. All'alba furono spenti i falò
e fu proprio allora che tra la folla,
per un momento, a un soldato parve di vedere
una donna vestita di nero
che lo guardava con occhi cattivi.


Ridere, ridere, ridere ancora
ora la guerra paura non fa,
brucian le divise dentro il fuoco la sera,
brucia nella gola vino a sazietà
musica di tamburelli fino all'aurora
il soldato che tutta la notte ballò
vide tra la folla quella nera Signora
vide che cercava lui e si spaventò.


"Salvami, salvami, grande sovranoRoberto Vecchioni - Samarcanda
fammi fuggire, fuggire di qua
alla parata leimi stava vicino
e mi guardava con malignità".
"Dategli, dategli un animale,
figlio del lampo, degno di un re
presto, più presto, perché possa scappare
dategli la bestia più veloce che c'è.


"Corri, cavallo, corri ti prego
fino a Samarcanda io ti guiderò
non ti fermare, vola, ti prego
corri come il vento che mi salverò...
oh oh, cavallo, oh oh, cavallo, oh oh, cavallo,
oh oh, cavallo, oh oh".


Fiumi poi campi, poi l'alba era viola,
bianche le torri che infine toccò,
ma c'era tra la folla quella nera Signora
stanco di fuggire la sua testa chinò.
"Eri tra la gente nella capitale,
so che mi guardavi con malignità
son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale
son scappato via ma ti ritrovo qua!"


"Sbagli, t'inganni, ti sbagli, soldato
io non ti guardavo con malignità,
era solamente uno sguardo stupito,
cosa ci facevi l'altro ieri là?
T'aspettavo qui per oggi a Samarcanda
eri lontanissimo due giorni fa,
ho temuto che per ascoltar la banda
non facessi in tempo ad arrivare qua.


Non è poi così lontana Samarcanda,
corri cavallo, corri di là...
ho cantato insieme a te tutta la notte
corri come il vento che ci arriverà.
"Oh oh, cavallo, oh oh, cavallo, oh oh, cavallo,
oh oh, cavallo, oh oh".



domenica 7 ottobre 2007

Grindhouse - Planet TerrorOra, che si decida per un esercizio di stile in omaggio alle proprie passioni di cinefilo mi va anche bene. Magari un'ora e tre quarti di esercizio di stile, per quanto condito con occasionali battute e arricchito da robuste dosi di bellezza al femminile - Rose McGowan è un vero schianto, altro che Streghe E anche Marley Shelton... - comincia a essere un po' troppo, anche per palati forti! In tutti i sensi, visto il campionario quasi infinito di effetti splatter messo in campo da Robert Rodriguez. Bah! Tra le poche altre cose, un cameo del tutto evitabile del buon Quentin e un altro avvistamento, meno piacevole della McGowan, ma simpatico: Naveen Andrews, in Lost Sayid per chi frequenta, a riconferma della sempre crescente commistione tra serial e cinema, verso un universo fiction integrato e senza più serie di sorta. Come d'altronde Planet Terror conferma appieno, film di serie A confezionato apposta in formato serie Z.
Rose prima della "cura"

venerdì 5 ottobre 2007

Gli inizi d'anno accademico sono sempre piuttosto concitati e l'onda di piena di serial non mi aiuta a trovare spunti per aggiornare con un minimo di continuità queste pagine *sigh* Fortuna che gli stimoli arrivano dai posti più impensati Nella fattispecie, oggi voglio riprendere una polemica che ho disseminato in giro per i post, ad esempio qui e qui. Si tratta dell'ormai annosa questione relativa allaUn altro Aragorn scelta di Viggo "Agonia" Mortensen come Aragorn nella trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson. Ora, a tempo perso sto riascoltando il romanzo come audiobook e colmando una serie di lacune che le numerose letture precedenti - risalenti a svariati anni fa - avevano lasciato nella loro scia. La questione si trasforma, man mano che avanzo, non tanto in un semplice errore di casting quanto in una licenza interpretativa che, ad anni di distanza, mi fa ancora stranire  I fan ricorderanno probabilmente quanto la versione incarnata dal buon Viggo - per quanto incarnata mi sembri un termine forte... - sia travagliata e rosa dall'interno da dubbi troppo umani (come direbbe Nietzsche) sulla chiamata ad essere la riscossa contro le forze del Male. In pratica nel film Aragorn realizza finalmente di essere proprio lui il prescelto, nonché erede di Isildur, quasi alla fine, riuscendo a comportarsi da futuro re soltanto davanti ai cancelli di Mordor. Prima sospiri, basso profilo, un certo squallore direi, che col Grampasso di Tolkien non mi sembrava avessero molto a che fare. Bah, la memoria è ingannevole, sarà stata una mia idea, mi dicevo. Poi, l'altro ieri, sento il seguente brano. Siamo sui pascoli di Rohan, subito dopo la morte di Boromir, e Aragorn si svela a Eomer:

Aragorn aprì il manto. La guaina elfica scintillò nelle sue mani e la brillante lama di Anduril lanciò il bagliore d'una fiamma improvvisa quando egli la sfoderò. "Elendil!" gridò. "Io sono Aragorn, figlio di Arathorn, e son chiamato anche Elessar, la Gemma Elfica, Dunadan, erede di Isildur, figlio di Elendil di Gondor. Ecco la Spada che fu Rotta e che fu di nuovo forgiata! Hai tu intenzione di aiutarmi o di opporti? Scegli immediatamente!"

Proprio uguale a quell'esangue sventurato che mezzo Web si ostina a definire "perfetto" nel ruolo (vedi qui e qui, tanto per dirne un paio)!!! Chissà perché un eroe non ha più neanche il diritto di essere tale, ma dev'essere anche lui un povero cristo macerato qualunque. Dev'esserci sotto qualcosa di politically correct che un po' mi sfugge e un po' mi fa girare a mille. Bah

sabato 22 settembre 2007

Le tre sepoltureFilm estremamente peculiare, di quelli che vanno assaporati per qualche minuto dopo la fine per studiarne il retrogusto, decidere se sono piaciuti o meno. In questo caso la risposta è affermativa. Tommy Lee Jones alla regia e come discreto protagonista, in un western contemporaneo dove sento forti gli echi dei romanzi di Cormack McCarthy, con i paesaggi che non sono mai solamente estetici, ma mondo vissuto, difficile, duro, per quanto magnifico; i silenzi e il tempo che si dilata, torna a scorrere lontano dai centri commerciali. L'urto tra la realtà squallida del Texas e il Messico appena più in là geograficamente, ma ad anni luce di distanza in quanto immagine di un altro modo di vivere si fa esperienza negli occhi di Barry Pepper, il giovane idiota che inizia il viaggio legato e ammanettato e lo finisce diverso, un altro uomo. Probabilmente migliore.
Senza volere, come sempre in balia della sincronicità, mi trovo a riflettere sui paralleli tra la penitenza inflitta da Pete allo stolto assassino del suo amico e quanto leggevo nel pomeriggio sull'intelligenza emotiva e la condivisione di esperienze corporee, di sensazioni. La redenzione comincia andando a casa della vittima, vestendo i suoi panni, bevendo dalla sua tazza; e poi viaggiandogli al fianco - circostanza surreale e simbolica, il cadavere vale come compagno anche nella tariffa del passaggio della frontiera, segnando una figura di rapporto con la morte del tutto esterna ai modi correnti. E infine seppellendolo in un posto di sogno, condividendo anche l'illusione che l'aveva sostenuto per tutti i lunghi anni da clandestino... In ultima analisi, un gran bel film, spesso e poetico.

lunedì 17 settembre 2007

La sposa turcaNon si fa in tempo a dirle, le cose Bel film, La sposa turca, probabilmente degno di qualche altra considerazione. Sotto al testo dell'emigrazione turca in Germania e dei conflitti di genere e di generazione, una riflessione che definirei strutturalista, sulla cogenza formale delle situazioni e la difficoltà anche per i più estremi difensori del proprio arbitrio di resistervi. I due disastratissimi protagonisti, pur prendendo il matrimonio con una buona dose di originalità, ne vengono attratti come falene alla fiamma e forse è un bene... Ma in un capovolgimento non troppo ottimista la stessa invisibile messa in forma si ripropone dopo anni, con altri risultati. Film intenso, lei, Sibel Kekrilli, particolare e segretamente attraente.
Cryptonomicon by Neal StephensonHo finora lasciato da parte le recensioni di romanzi e narrativa in generale, preferendo trattare quelli che più mi sfiziavano in Ciottoli. Dato che però tutto cambia e ultimamente sono incappato in due splendidi autori, ho pensato di interrompere il silenzio su queste pagine dandone una breve notizia. Il primo è Neal Stephenson, autore del qui affianco Cryptonomicon, uno di quei libri che scatenano la voglia di scrivere e al contempo la frustrano irrimediabilmente, visto che il livello raggiunto dall'autore mi pare di assai difficile accostabilità *sigh* Ottima gestione delle trame e uno stile unico, teso, ironico, a tratti divertente e a tratti esagerato: una caccia al tesoro lungo un secolo, con personaggi intessuti in un solo disegno che si svela per lampi e salti spazio-temporali, con pagine da urlo su teoria matematica e criptografia e notevolissimi cenni storici. Unica avvertenza, è per lettori forti, sono più di 1200 pagine Da tutta un'altra parte, invece, Fred Vargas, pseudonimo ingannevole della zooarcheologa e medievalista Frédérique Audouin-Rouzeau, della quale ho appenaNei boschi eterni di Fred Vargas finito Nei boschi eterni restandone incantato. Sarà che sento molto vicino il commissario Adamsberg, "spalatore di nuvole", e adoro le infrazioni del Medioevo, per quanto cervellotiche, ma la scarsissima verosimiglianza di certi passaggi non mi ha affatto disturbato, anzi direi di essermi trovato assolutamente a mio agio nell'universo casuale e sghimbescio del commissario e nella visione del mondo della sua creatrice. Autori e libri che non posso non consigliare caldamente