domenica 2 dicembre 2007

Una canzone per Bobby LongCi vuole coraggio e tanta bravura, dopo esser stato Tony Manero e Danny Zuko, a ballare l'Alabama shuffle in capelli bianchi e sandali, ubriaco e litigioso e fallito. Eppure John Travolta ci riesce bene, nessuno lo balla come lui e la scena è più intensa del duo con Uma Thurman, in Pulp Fiction. C'è un caleidoscopio di immagini quando balla, un'enciclopedia del cinema, volente o nolente. E lui è uno dei pochi ad andare avanti, a invecchiare e farne arte. Qui l'arte si spreca, anche perché Bobby Long parla quasi solo per citazioni, dai grandi: Robert Frost, Thomas Eliot, Dylan Thomas e via spigolando, in un tributo alla letteratura e al blues di New Orleans. Vedere i quadri della città, i colori, i locali del blues del Delta e pensare a Katrina aggiunge una nota struggente alla tessitura già di suo piuttosto crepuscolare e malinconica. Un gran bel film, magari troppo sbrigativo nel finale, alla ricerca di un lieto fine eticamente condivisibile ma che sa troppo di majors; un'altra storia di redenzione e realizzazione di sé con quel tocco artificiale che anche l'americano più introverso non riesce a evitare. Brava ma non entusiasmante Scarlett Johansson, bravo - anche se confrontato al grande vecchio - Gabriel Macht. E una colonna sonora di vaglio, in cui John canta pure, e bene, il title track.

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