martedì 27 dicembre 2016

Stranger things

Che dire? Si commentava qualche tempo fa, con altri iniziati al fantasy/horror/non mainstream, che in effetti abbiamo vinto 😀 Quasi non ce n'eravamo accorti, tanto l'atmosfera si è fatta pian piano accogliente e così ci siamo ritrovati di punto in bianco "padroni della scena". Con i codici, le battute, il background e decenni di esperienza in cose fino all'altroieri futili, inutili e spesso dannose. Di che spaccarsi dalle risate. Certo, c'è qualche problema: siamo abituati alla minoranza esigua, alle segrete in stile Nosferatu, a spirali che portano ad altre dimensioni. La luce della ribalta sa quasi di furto e non nascondo che il sospetto sia forte che tanta improvvisa fama avrà un costo. Come Il trono di spade dimostra limpidamente, con buona pace dei fan della versione televisiva 😆 La diffusione pandemica non mi ha mai ispirato una particolare fiducia, ma staremo a vedere.

Stranger Things, cmq, non rientra in queste preoccupazioni. Era un po' che non trovavo una serie così compatta, ben costruita, attenta a dettagli e atmosfere. Direi da True Detective prima stagione. Lo registro con gioia e rabbia, devo ammettere, perché il ritmo, l'articolazione, il crescendo (e in larga misura i temi e i debiti) sono gli stessi del mio povero romanzo in cerca di editore e trovarmeli in tv mi apre il cuore e chiude lo stomaco 😈 di questo passo mi toccherà scrivere a Netflix... Bah, cmq, cos'abbiamo qui? Un mix sapiente di D&D, Tolkien e Stephen King, all'apparenza e anche a buona parte della sostanza; ottimi attori, ottima regia, scelta saggia a favore di un formato poco esigente (8 episodi). Cosa di più? Quello che comincio a sospettare sia il "re clandestino" della fiction di questo periodo tormentato; quello che l'ha descritto e intuito con tanto anticipo da perdere il tram per la fama e restare, quasi fino all'altroieri, uno svitato ininfluente. Salvo ovviamente una pattuglia di estimatori contro tutto e contro tutti, che ancora oggi possono godersi un sapere esoterico, finché qualcuno non si deciderà a denunciare con onestà dove va a prendere le idee e le atmosfere...

Parlo di Howard Phillips Lovecraft, HPL per i suoi fedeli cultisti. Il Maestro di Providence, che per primo ha dato forma - be', più o meno 😄 - alle paure endogene della modernità, allora ancora trionfante e per niente disposta a sentir parlare di debolezze e angosce. In una lettera del 1937, ha scritto una delle più belle descrizioni di BIldung che io abbia letto: "I can better understand the inert blindness & defiant ignorance of the reactionaries from having been one of them. I know how smugly ignorant I was. . . I really had thrown all that haughty, complacent, snobbish, self-centred, intolerant bulls**t, & at a mature age when anybody but a perfect damned fool would have known better! . . . It's hard to have done all one's growing up since 33—but that's a damn sight better than not growing up at all." C'è lui dietro il sottile senso di soffocazione di True Detective, nel Mostro da un'altra dimensione di Stranger Things e dietro alle mille inquietudini che oggi sembrano così normali. Ma oggi è un altro tempo e la fiction, anche se pare tanto spensierata, non smette di sbattercelo in faccia!

lunedì 26 dicembre 2016

Hölderlin - A Diotima

http://www.deviantart.com/art/Tornado-Eyes-254965161
Vieni e placami questo Caos del tempo, come una volta,
Delizia della celeste musa, gli elementi hai conciliato!
Ordina la convulsa lotta coi tranquilli accordi del cielo,
Finché nel petto mortale ciò ch'è diviso si unisca,
Finché l'antica natura dell'uomo, la placida grande,
Fuor dal fermento del tempo, possente e serena si levi.
Torna nei miseri cuori del popolo, bellezza vivente,
Torna all'ospite mensa, nei templi ritorna!
Ché Diotima vive come i teneri bocci d'inverno,
Ricca del proprio spirito, pure ella cerca il sole.
Ma il sole dello spirito, il mondo felice è perito
E in glaciale notte s'azzuffano gli uragani.

venerdì 23 dicembre 2016

La felicità è un sistema complesso

Credo di averlo scritto piuttosto spesso: a me Valerio Mastandrea piace davvero molto! Nella gran
parte dei casi, se vedo un film italiano è perché c'è lui. Anche in questo. E devo ammettere con dispiacere che se lui non è la sola cosa da ritenere del film stesso, molto poco ci manca. La felicità è un sistema complesso, a parte un titolo interessante e delle ottime intenzioni, è il tipico film che si occupa dell'oggi - finanza, delocalizzazioni, ristrutturazioni - con intento troppo didascalico, con personaggi troppo intuibili e conseguente senso di disinteresse che monta. Se poi ci aggiungiamo una regia "destrutturata" con tempi troppo lunghi anche in situazioni interessanti e un montaggio che a volte fa pensare a una crasi tra due film diversi, il cocktail è problematico. A rileggere, in effetti il film è meno catastrofico di quanto non sembri - a parte l'aver trasferito la Grotta Giusti di Monsummano in Trentino, con un terribile senso di spaesamento per chi ne è al corrente :D - credo sia decisamente colpa di Valerio!


giovedì 22 dicembre 2016

Cioran - Profezie sull'Europa

I popoli che non hanno il gusto delle ciance, della frivolezza e del pressappochismo, che vivono le loro esagerazioni verbali, sono una vera catastrofe, per gli altri e per se stessi. Essi insistono sui nonnulla, mettono il serio in ciò che è accessorio e il tragico nel menu. Se per di più sono afflitti da una passione per la fedeltà e da una detestabile ripugnanza al tradimento, allora non c'è nulla da cavarne, se non la loro medesima rovina. Per correggere i loro meriti, per trovare un rimedio alla loro profondità, si deve convertirli al Meridione e inoculargli il virus della farsa.
Se Napoleone avesse occupato la Germania con dei marsigliesi, la faccia del mondo sarebbe stata completamente diversa.

Sarà mai possibile meridionalizzare i popoli austeri? L'avvenire dell'Europa è sospeso a questo interrogativo. Se i tedeschi si rimettono a lavorare come prima, l'Occidente è perduto; così come lo è se i russi non ritrovano il loro antico amore per la pigrizia; si dovrebbero sviluppare, presso gli uni e gli altri, il gusto del dolce far niente, dell'apatia e della siesta, far balenare loro le delizie della mollezza e della versatilità.
Oppure rassegnarci alle soluzioni che la Prussia o la Siberia saprebbero infliggere al nostro dilettantismo.
http://www.deviantart.com/art/Fireworks-46699908






Fatto.
E non è stato neanche un granché di spettacolo

domenica 18 dicembre 2016

Da T.S. Eliot - The Waste Land


http://www.artlyst.com/events/bartholomew-beal-a-heap-of-broken-images-the-fine-art-society 

What are the roots that clutch, what branches grow
Out of this stony rubbish? Son of man,
You cannot say, or guess, for you know only
A heap of broken images, where the sun beats,
And the dead tree gives no shelter, the cricket no relief,
And the dry stone no sound of water. Only
There is shadow under this red rock,
(Come in under the shadow of this red rock),
And I will show you something different from either
Your shadow at morning striding behind you
Or your shadow at evening rising to meet you;
I will show you fear in a handful of dust.

sabato 17 dicembre 2016

Il mago è stanco

Non ho più prodigi
http://www.deviantart.com/art/Starvation-Creek-335952466che ti avvincano al mio corso
con la fiammata effimera 
d'un fuoco d'artificio

Sono trascorse le sere
in cui il mio cielo ardeva
di improvvise stelle cadenti
e di suadenti esplosioni di luce
che donavano al viso misteriose espressioni
subito infrante

L'acqua di valle ha danzato sui monti
e il suo segreto è morbido e inatteso
difficile da apprezzare
come l'arcobaleno eterno

Non curo l'evento eclatante adesso
che non lasci altro segno
che una scia sulle onde

Posso solo mostrarti
il piacere sottile della cerca infinita
e nella mia voce
un piccolo pezzo di terra sicura

venerdì 16 dicembre 2016

lunedì 12 dicembre 2016

La forma dell'acqua

 


Anima e forma
Meravigliose entrambe
Danzano divise

Verona

Finestre in stile moresco
mentre passa un'auto
            (un modello tedesco)
e un giapponese in posa
abbranca Giulietta
 
     E l'Adige scorre dalle cime
     e ospita strani inquilini
     che il passante non vede

  Statue assorte osservano
  dagli abissi del tempo
           i turisti diurni
                       e i ragazzi notturni
  Si chiedono cosa
                         dove
                             perché
             il falso movimento

      Stanno nell'oggi
          ne strappano i fili
       tessuti con cura ossessiva
       e rivelano un nuovo arabesco

       uno splendido Altrove

Billions


Metti insieme due grandi attori - Paul Giamatti e Damian Lewis - degli ottimi comprimari e degli autori eccellenti e ottieni Billions. Un serial che rientra più nella categoria del film lungo che in quella del serial vero e proprio, categoria nuova per la quale sarebbe il caso di coniare una nuova etichetta, sempre che gli esperti non ci abbiano già pensato. Perché la questione è semplice: l'anima del serial, come suggerisce il nome, è la ripetizione di un modulo narrativo, più o meno intrecciata a una metatrama che fa da impalcatura e permette agli autori in crisi creativa di infilare qua e là quelle puntate di ricordi o divagazioni flussocoscienziali che tutti abbiamo ben presenti, immagino. Qui, come in molte altre produzioni blockbuster, quel format rassicurante - che garantisce la tranquillità dell'atteso e del noto e costituisce larga parte del successo della formula - salta e la forma si riempie d'altro: diventa una scusa per elaborare personaggi complessi e trame intricate, per vedere che succede se mixi un procuratore distrettuale integerrimo, ma con gusti sessuali particolari, con un tycoon di Wall Street sul filo della sociopatia e magari decidi che la HR dell'azienda di questo è la moglie di quello. Ne vien fuori una partita a scacchi spietata e momenti di altissima recitazione, come nello scontro finale tra i due che configura chiaramente una situazione lose-lose e apre a una seconda stagione probabilmente più feroce. Sempre che i signori delle reti non scoprano che si
tratta di una serie troppo intelligente che lo spettatore medio - questo ibrido mitologico tra la casalinga di Voghera e il suprematista bianco dell'Illinois ("Io li odio, i nazisti dell'Illinois!") - si annoia a seguire e si dedichino a qualcosa sui reduci dell'Iraq o i matrimoni al buio tra venusiani e canguri. Quello che aiuta è che evidentemente, per quanto si applichino, da qualche parte nei processi decisionali c'è sempre una "falla" che permette la realizzazione di cose che la semplice ossessione per il profitto vieterebbe di prendere in considerazione.

domenica 11 dicembre 2016

Birdman 1 - Edward Norton

Sono parziale, per carità, ma d'altro canto è il mio blog, no? Quindi abbiate pazienza e siate comprensivi :) Quando si tratta di Edward Norton, per quanto mi riguarda non ce n'è per nessuno, siamo in un'altra categoria, una di quelle con un solo partecipante accettabile. Così, prima di scrivere qualcosa su Birdman, che richiede una certa ruminazione, butto lì un paio delle frasi del suo folle personaggio nel film, Mike Shiner: una da tenere a mente e magari scrivere sui muri di casa per essere sicuri di ricordarsela e di averla capita bene; l'altra di rara bellezza.

(A Riggan) Popularity is the slutty little cousin of prestige.

(A Sam) You’ve been hanging around here, trying to make yourself invisible behind this fragile little fuck-up routine of yours, but you can’t. You’re anything but invisible. You’re big. And you’re kind of a great mess, like a candle burning on both ends, but it’s beautiful. No amount of booze or weed or attitude is going to hide that.

http://www.deviantart.com/art/Burn-the-candle-at-both-ends-623646343
 

mercoledì 7 dicembre 2016

Westworld


"Everything's under control".

Il punto - o forse meglio il problema - è che non impariamo. E non sono neanche sicuro, con Beckett, che sbagliamo almeno meglio della volta prima, o di quella precedente. So però che riusciamo, a volte, a raccontarlo molto, molto bene. Westworld è uno dei casi in cui questa abilità si dà a vedere con forza emblematica, con un potere di meravigliare e lasciare attoniti che capita di rado. Sarà la rinnovata attenzione alle costellazioni simboliche, sarà la vicinanza tematica a tante delle mie ricerche, l'esperienza estetica di questa prima stagione è di quelle che impediscono di non scriverne subito, senza riflessione, come un omaggio cui non puoi sottrarti.

C'è una tale messe di simboli potenti da richiedere altro studio e applicazione! Vista la scarsa qualità della memoria di questi tempi, però, credo che una breve nota sia utile anche per futuri sviluppi. Il primo tema, che ho scelto come apertura, è senz'altro il controllo, l'ossessione della nostra cultura e in particolare di questa sua configurazione al tramonto. Controllo che ci si illude ci metta al riparo dall'infierire del tempo e ci doni al tempo stesso un senso che ci sfugge sempre più. Dice Ed Harris, non a caso l'Uomo (in) Nero: "You know why this beats the real world, Lawrence? The world is chaos. It's an accident. But in here, every detail adds up to something." Qui l'ordine regna sovrano e il dominio e la possibilità di trascendere la propria insignificanza umana. Non a caso lo slogan del parco è "Dove tutto è permesso". Come commenta Anthony Hopkins, il demiurgo di Westworld, "abbiamo distrutto e devastato, sterminato ogni concorrente e quando non abbiamo avuto più nessuno da dominare abbiamo creato questo." Per poter continuare a essere quello che siamo convinti di essere pressoché da sempre: quanto di più vicino a Dio sia pensabile. Nei pensieri più reconditi persino meglio.

E non impariamo. Continuiamo a cercare il senso fuori, a cercare il labirinto da qualche parte nell'oscurità del sottosuolo o nascosto tra le gole rocciose. Mentre il saggio sa che il labirinto è altrove: "When I was first working on your mind, there was a pyramid I thought you needed to scale, so I gave you a voice, my voice to guide you along the way. Memory, improvisation, each step in order to reach the next step, but you never got there. I
couldn't understand what was holding you back. Then, one day, I realized I'd made a mistake. Consciousness isn't a journey upward, but a journey inward, not a pyramid, but a maze. Every choice will bring you closer to center of send you spiraling to the edges, to madness."
L'Uomo Nero questa cosa proprio non la capisce. C'è bisogno che Dolores, la Salvatrice, la Sterminatrice (il nome sarà casuale?) gli spieghi quanto poco ha capito da tutte le sue visite al parco: "I'm not crying for myself. I'm cryin' for you. They say that great beasts once roamed this world. Big as mountains. Yet all that's left of them is bone and amber. Time undoes even the mightiest creatures. Just look what it's done to you. One day, you will perish. You will lie with the rest of your kind in the dirt. Your dreams forgotten, your horrors faced, your muscles will turn to sand, and upon that sand a new God will walk, one that will never die."

Il Tempo torna incessante. E la forza dei cyborg - perché questo sono i residenti di Westworld, macchine confusionarie e confuse, notturne, dove albeggia una coscienza che questa volta avrà tempo - è proprio di poter soffrire per tutto il tempo che serve. Di poter tornare più forti, temprati dal dolore e dall'esperienza per noi inconcepibile della morte. Di essere immortali, come noi sognamo di essere da sempre senza riuscirci. Senza voler imparare che siamo ciò che siamo solo grazie ad essa e all'urgenza di vita che ci dona. Dovrebbero essere macchine rassicuranti e in effetti per un certo periodo lo erano. Quanto lo rimpiange l'Uomo Nero: "You used to be beautiful. When this place started, I opened one of you up once, a million little perfect pieces. And then they changed you, made you this sad, little real mess, flesh and bone, just like us."



 
C'è infine la BIldung, che come tutto ormai deleghiamo alle macchine. Come agli smart objects, convinti che tanti di essi facciano gli smart people, mentre non ne fanno che una triste apparenza o un sogno schizoide. O una costante disillusione, il perpetuo non essere all'altezza così comune in questi giorni grigi. I cyborg, non più lindi e ordinati come nei desideri della modernità economica e delirante, ma carne e sangue e circuiti raffinati riescono - al prezzo delle tante sofferenze che gli infliggiamo - a percorrere il labirinto interiore e a trovarsi. Nel cuore della metafora. Al centro dell'universo.

Chissà se noi ne siamo più capaci... 

We will be magnificent

Rinnovo con questo post un'etichetta. Ho usato finora asterischi per citazioni diciamo "professionali", mentre da oggi comincia ad accogliere anche brani di narrativa di quelli che a me, in persona addirittura, fanno venire le lacrime agli occhi. Ci avevo pensato spesso, ma le tecnologie al tempo non erano mature e tra la lettura (o l'ascolto) e la tastiera spesso mi scordavo. Oggi le cose si sono fatte più semplici e così... :) 
Vi presento per l'occasione Roland Deschain di Gilead, il protagonista de The Dark Tower, ciclo fantasy in sette volumi di Stephen King, una delle mie narrazioni preferite.

“We all die in time,” the gunslinger said. “It’s not just the world that moves on.” He looked squarely at Eddie, his faded blue eyes almost the color of slate in this light. “But we will be magnificent.” 
He paused. “There’s more than a world to win, Eddie. I would not risk you and her—I would not have allowed the boy to die—if that was all there was.”
“What are you talking about?”
“Everything there is,” the gunslinger said calmly. “We are going to go, Eddie. We are going to fight. We are going to be hurt. And in the end we will stand.

lunedì 5 dicembre 2016

Cioran


Da Sillogismi dell'amarezza

- Nell'edificio del pensiero non ho trovato nessuna categoria su cui riposare la fronte. In compenso, quale cuscino è il Caos!

- Vago attraverso i giorni come una puttana in un mondo senza marciapiedi.

 - Invano l'Occidente cerca per sé una forma di agonia degno del proprio passato.

domenica 4 dicembre 2016

Epifania

 





Ed è epifania
sorriso che affiora
vento futuro 


Back on the Chain Gang - Dr Strange - Animali fantastici e altro

Si va per stagioni. O perlomeno questa è l'impressione. E siccome le stagioni passano e tornano, cominciano a lasciare segni, tipo il non ricordarsi più come entrare nel proprio blog e dover confidare nel sovraccarico occasionale di un qualche neurone in vena di cortesie. Comunque, rieccoci nelle vecchie pagine, che tornano anche loro con la voglia di cinema e di scrittura, tanto che sento il bisogno di un breve preambolo.

 Quando ho iniziato, più di dieci anni fa, i social erano appena all'inizio e la novità del blog era quasi inebriante. Probabilmente anche i dieci anni fanno una certa differenza, ma credo che il desiderio di condividere che mi spingeva allora sia cambiato per ragioni di medium, fondamentalmente per la sua sopraggiunta ipertrofia. Così silenzi sempre più lunghi, caduta oltre la soglia della consapevolezza.

Però... Se ritrarsi e fuggire spesso è l'unica strategia residua per sopravvivere, come diceva anni fa Henri Laborit, a volte stanca. A volte impone dei cambiamenti, delle revisioni, delle uscite e dei rientri. Così ho pensato di ripristinare il senso originario di questo blog e ampliarlo, di mettere l'accento su aforismi e versi che mi sto perdendo anch'essi lungo gli anni e che a volte non se lo meritano.


Tanto per smentirmi subito, devo buttar lì un paio di cose sui film nel titolo del post, perché va bene che torni la voglia, ma deve anche trovare qualcosa di adatto che la soddisfi, sennò è inutile :) E Doctor Strange faceva proprio al caso mio: uno dei miei eroi preferiti da sempre e interpretato da uno dei miei attori preferiti dell'oggi, un Benedict Cumberbatch all'apice della stronzaggine, ma intenso e magnetico. Direi perfetto. Vai e ti aspetti un tripudio di effetti speciali, tant'è che vai dritto al 3D e... Be', di più! E' la prima volta che mi sono venute le vertigini da fermo. La prima volta che ho provato un'esperienza estetica così forte da lasciare senza fiato e per di più di una bellezza rara: Escher, Piranesi e Lovecraft mescolati, non shakerati, con un pizzico di tabasco e una scorza di pompelmo. Come si dice in questi casi, enjoy! :D


E poi Animali fantastici e dove trovarli, ovvero il ritorno del mondo di Harry Potter in gran spolvero e se posso dire gran forma. Non avere il maghetto tra i piedi sembra abbia fatto bene a J.K. Rowling e agli altri autori, che hanno tirato fuori un'avventura nota e inaspettata, tinta di commedia - l'idea del babbano al seguito è favolosa e lui, Kowalski, è assolutamente all'altezza - e di poesia. E gli animali, oh gli animali! Che invidia immensa per quella valigia, che non sarà di pero sapiente, ma ne è un perfetto surrogato, e per quella compagnia variopinta ed emozionante! Dovrei già aver scritto, qui da qualche parte, che invidio di cuore la Rowling per aver saputo tessere dall'aria del tempo un cocktail così equilibrato e affascinante. Il nuovo film non mi fa cambiare idea neanche un po' :)