sabato 22 settembre 2007

Le tre sepoltureFilm estremamente peculiare, di quelli che vanno assaporati per qualche minuto dopo la fine per studiarne il retrogusto, decidere se sono piaciuti o meno. In questo caso la risposta è affermativa. Tommy Lee Jones alla regia e come discreto protagonista, in un western contemporaneo dove sento forti gli echi dei romanzi di Cormack McCarthy, con i paesaggi che non sono mai solamente estetici, ma mondo vissuto, difficile, duro, per quanto magnifico; i silenzi e il tempo che si dilata, torna a scorrere lontano dai centri commerciali. L'urto tra la realtà squallida del Texas e il Messico appena più in là geograficamente, ma ad anni luce di distanza in quanto immagine di un altro modo di vivere si fa esperienza negli occhi di Barry Pepper, il giovane idiota che inizia il viaggio legato e ammanettato e lo finisce diverso, un altro uomo. Probabilmente migliore.
Senza volere, come sempre in balia della sincronicità, mi trovo a riflettere sui paralleli tra la penitenza inflitta da Pete allo stolto assassino del suo amico e quanto leggevo nel pomeriggio sull'intelligenza emotiva e la condivisione di esperienze corporee, di sensazioni. La redenzione comincia andando a casa della vittima, vestendo i suoi panni, bevendo dalla sua tazza; e poi viaggiandogli al fianco - circostanza surreale e simbolica, il cadavere vale come compagno anche nella tariffa del passaggio della frontiera, segnando una figura di rapporto con la morte del tutto esterna ai modi correnti. E infine seppellendolo in un posto di sogno, condividendo anche l'illusione che l'aveva sostenuto per tutti i lunghi anni da clandestino... In ultima analisi, un gran bel film, spesso e poetico.

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