giovedì 6 gennaio 2011

The Gates
Certo, in questi tempi in cui ognuno di noi è chiamato costantemente a dire la sua su tutto, a decidere ogni singolo aspetto della sua vita, cruciale o insignificante che sia, non dovrei stupirmi se una prassi così stimolante si estende anche alla fruizione dei cosiddetti contenuti d'intrattenimento. In fin dei conti, perché proporre un finale o una trama unica per tutto un pubblico di soggetti che invece hanno gusti differenti, esigenze diversificate e spesso contraddittorie? Molto, molto meglio chiamare ciascuno a narrarsi epiloghi e prosecuzioni di storie che vengono lanciate e lasciate volare per un po' e poi affidate alla sua cura paziente e amorevole. Cura che capita essere anche molto più economica della produzione di un'intera stagione di storie nuove, ma così monotone e predefinite! Non dovrei stupirmi dell'atteggiamento comprensivo e attivizzante* delle grandi case ed emittenti americane, che stimano tanto le minoranze (minoranze poi, quasi due milioni e mezzo per l'ultima puntata...) da chiamarsi fuori da ciò che iniziano per abbandonarlo fiduciose nelle loro mani. Se non fosse che mi hanno così sonoramente fratturato le gonadi con questa oscena prassi di non dar seguito a ciò su cui scommettono quando non rispetta le loro soglie d'aspettativa monetaria, notoriamente tanto enfatiche da risultare spesso assurde! Sogno una legislazione - quanto sono antiquato! - che obblighi i narratori a non lasciare spunti in sospeso, a farsi carico delle aspettative di coloro che hanno creduto alla loro propaganda e a rischiare qualche dolllaro in più, magari per affezione a un progetto o a un racconto. Certo, sogno proprio cose dell'altro mondo!

* termine che presto diventerà una parola-chiave del discorso mediatico e di marketing. Se volete scommettere...

Nessun commento:

Posta un commento