domenica 1 febbraio 2009

Yes ManDire di sì alla vita. Se ho capito appena un po' Nietzsche, credo riderebbe a crepapelle se vedesse Yes Man Come buona parte del pubblico, me compreso. Scelto per ragioni egoiste e di vera e propria fuga, speravo che il film mi aiutasse a lasciare per un po' contrade desolanti, senza disturbare i miei neuroni. Lo svago c'è stato - oh yeah! - ma anche spunti numerosi e variegati. Un po' è un film sul blasé, un po' sulla Bildung, anche se assistita. Il maieuta è il magnetico Terence Stamp, autore di un corso per aprirsi alla vita invece di arroccarsi in posizioni pietrificate trincerati dietro sequele di scuse. Il metodo, molto americano, quindi pragmatico e non troppo raffinato, è dire sempre di sì, a qualunque occasione. Questo perché il no è l'unica arma che molti hanno a disposizione per tenere a bada un mondo troppo ricco di stimoli e richieste. Jim Carrey, tanto per cambiare, esagera un po' nell'aderire a questa proposizione provocatoria *lol*: comunque più misurato del solito, usa al meglio il suo eccellente linguaggio corporeo, ma a un certo punto si trova inceppato in una situazione kafkiana che lo sbatte a muso duro davanti ai limiti del sì ad ogni costo. Comprende allora che si trattava del primo passo verso una capacità di autoascolto e di selezione che, guarda un po', è la quintessenza della Bildung! Lo aiuta, come da copione e non solo cinematografico, la bella fanciulla, nello specifico Zooey Deschanel, la sorella di Bones, nientepopodimeno  Il tutto mi fa venire in mente un economista/antropologo americano di cui ho letto qualche tempo fa, che dice che ci vogliono delle spintarelle per convincere la gente a fare cose anche buone: piccoli incentivi, un po' di carisma, metodi spiccioli... Bisognerà pensarci, magari un'altra volta. Di che riflettere, nonostante tutto.
Una scena di Yes Man

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