sabato 22 settembre 2012

Stavo quasi per stranirmi quando Cose dell'altro mondo mi ha stupito molto piacevolmente. Pareva il solito peccato di moralità didascalica nel quale i nostri registi incappano anche troppo spesso per i miei gusti: il televisionaro predicante contro quelli del Banga Balù, il tassinaro nemico dei rumeni, le prostitute, i circoli razzisti/leghisti... Insomma di che urlare. E poi la tempesta! Mi ha fatto tornare in mente i colpi di scena conclusivi di Rollins, tant'è vero che pensavo a un giallo a sfondo razziale che si sarebbe concluso nella notte in mezzo a bestemmie e scrosci d'acqua. E invece... Colpo d'ala e dimostrazione per assurdo. Svelamento delle ipocrisie, dalle più piccole alle più grandi, dalle apparentemente innocenti alle odiose. Un episodio di Torchwood ambientato nel profondo Veneto, ben diretto e recitato. E poi c'è il grande Valerio, un Abatantuono a tratti niente male e una piacevole scoperta, Valentina Lodovini, che forse incarna al meglio il pasticcio sentimental-identitario che causa l'Altro, anche quando sei (pensi di essere) disposto al meglio. Ma quello che mi è piaciuto di più, sia per la potenza simbolica che per l'eco, è stato il rogo della Veccia. Rituale arcaico, riscritto meravigliosamente e dolorosamente da Stephen King nel ciclo della Torre Nera, rurale come dice il sindaco, profondo; ad assistere al quale arrivano tutti, perché è la comunità che chiama e ideologie e pregiudizi cedono il passo, così anche i peggiori vengono a vederla bruciare nell'auspicio del ritorno degli scomparsi. Un altro momento alla Guareschi, quando Peppone protesta contro se stesso o scorta la maestra vecchia col fazzoletto rosso al collo. Per nulla didascalico. Di grande poesia.

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