venerdì 19 dicembre 2014

The Wolf of Wall Street - The Counselor

Sembra che il nuovo AD di ENEL abbia dichiarato che è tempo di più industria e meno finanza. Sarebbe da standing ovation, se non fosse già intervenuto un empito di rabbia per il semplice fatto che una frase del genere vada detta e non risulti ovvia da sé. Eppure, in linea con la tendenza dematerializzante dell'occidente moderno, da molto tempo si è scambiata la furberia finanziaria per il nocciolo della questione economica: il magheggio al posto della produzione e qualcuno venga a dirmi che siamo noi italiani gli specialisti del gioco delle tre carte! D'altronde la roulette finanziaria ha tutto ciò che può affascinare un moderno: crea fortune in un batter d'occhio, non ha praticamente a che fare con oggetti materiali ed è invece il trionfo di numeri e algoritmi. C'è un solo problema: la si può definire "lavoro" solo con un salto d'immaginazione di cui la modernità pretende di non esser capace. Be', dopo aver visto The Wolf of Wall Street è piuttosto difficile darle retta, perché cos'altro è la storia vera di Jordan Belfort se non un sogno/allucinazione/incubo che riassume e denuncia le distorsioni e bugie cui un inflessibile corso immaginale ci ha condotto?

Non l'ho fatto apposta, ma il clima - per quanto la cosa non sia evidente - rimane lo stesso. E' un po' come seguire la catena alimentare degli squali o degli sciacalli, per restare nell'immaginario di Cormac McCarthy, grande autore americano contemporaneo responsabile dello script di The Counselor. I signori come quello qui sopra, in giacca, cravatta e cocaina, generano flussi di soldi che hanno il bacino idrogeologico in comune con quelli che arrivano da traffici illeciti di ogni sorta. Ogni tanto i mondi collidono e qualcuno si fa male. Nella fattispecie Michael Fassbender, avvocato che sceglie il momento sbagliato per saltare la barricata una volta per tutte. A proposito di Fassbender, devo ammettere che proprio non riesco a condividere l'entusiasmo di critici e registi per la sua recitazione: in mezzo al cast stellare che vedete qui accanto scompare e non credo sia una scelta di regia. Forse bisognerebbe chiedere a Ridley Scott, che comunque ci consegna un bel film, impegnativo e stimolante come ultimamente accade di rado. Qui, come nel cinema che ha senso, lo spettatore è meno spettatore e più interprete, se non proprio coautore. C'è giusto una caduta alla fine, quando il pistolotto didattico-filosofico dell'avvocato messicano lascia veramente il tempo che trova, ma nel complesso vale decisamente la pena :)

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