lunedì 27 agosto 2012

"Big chair, big responsibilities". Sta diventando una delle mie citazioni preferite e non credo sia un caso. In molti stiamo cercando di fare i conti con uno degli esiti meno ovvi e più devastanti della modernità e del suo culto per il soggetto autonomo e capace di decisioni, di "prendere posizione verso il mondo", come diceva Weber: la crescente, desolante incapacità di affrontare le responsabilità, di farsi carico delle proprie azioni. Di incarnarle. Potrebbe certo essere un riflesso della dematerializzazione galoppante, dell'ansia virtuale, ma non credo basti. Del soggetto sognato dalla modernità - pur con tutti i suoi difetti - resta poco, quasi nulla. E per colpa di processi che la stessa modernità ha generato e poi alimentato, con miopia forsennata. La reversibilità, le aspettative, le alternative sbandierate rendono quasi impossibile essere almeno uno dei centomila che potremmo essere. Scegliere quale e seguirne l'avventura fino alla fine, quando di alternative non ce ne sono più e tutto è ormai detto. Moretti esplora il tema con un'iperbole geniale, dove storia e contesto non sono mai bersaglio di critica - semmai di una certa garbata ironia - e danno invece il necessario spessore simbolico al discorso. Se perfino qui, dove la fede dovrebbe essere d'aiuto e sostegno, mancano le forze, che ne è del fedele lasciato solo in piazza San Pietro? O di chi non partecipa del dramma esistenziale raccontato da quei drappi rossi che incorniciano un'assenza?


Michel Piccoli è semplicemente strepitoso.

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