
E ti chiedi: ha senso pretendere da altri quello che non sappiamo dare a noi stessi? E' una pecca atavica e inevadibile oppure è frutto di una percezione errata di noi, mutuata da convinzioni apprezzabili, ma ormai portate all'eccesso, devastanti? Non dovremmo invocare una misura anche in questo, una tolleranza e un'accoglienza reciproche che nascano dal mutuo riconoscimento? Quello vero, del proprio e dell'altrui essere cangianti, mutevoli nell'essenza, incompleti per definizione, umani?