sabato 10 febbraio 2007

Il diavolo veste Prada"La speranza è l'ultima a morire. Per forza." Un grande Stanley Tucci non sa giustificare in altro modo il suo restare a prendere calci nei denti da una Meryl Streep splendidamente insopportabile, ma d'altra parte è la legge del suo mondo. Un mondo che, come molti sottolineano e rimarcano film facendo, uno sceglie, non gli viene imposto col fucile alla schiena, né si viene pregati di entrare a farne parte. Ci si sta, un po' perché - Miranda docet - "tutto il mondo vuole essere noi", un po' perché ha un suo fascino perverso: il richiamo della forma, della bellezza, dell'adrenalina, dell'esserci e del vivere costantemente al massimo delle proprie capacità. Senza tempo per nient'altro: affetto, amore, amicizia, quella che in Europa ci ostiniamo a chiamare una vita privata. Limitarsi a questo tema, però, mi sembra ingiusto. È un film un tantino più complesso, che ha altre melodie secondarie, appena accennate ma interessanti. E quella cheMiranda-Streep dà la cifra generale è l'incompatibilità dei codici, non tanto il giudizio morale o etico su coloro che vi aderiscono. Certo, Miranda-Streep paga il suo immenso potere nel settore con una vita privata disastrosa, ma non è meschina. Quando le chiedono referenze per l'assistente che l'ha abbandonata - Anne Hathaway, in certe mises assolutamente spettacolare! - scrive "tra tutte le mie assistenti è quella che mi ha dato la delusione più grande e se non l'assumete siete degli idioti!". Dal punto di vista del suo codice è una risposta perfetta: aveva pensato di affidarle la successione e lei l'ha delusa, ma resta una persona valida. Certo, Andy-Hathaway si fa catturare dal gorgo, ma, si sa, il diavolo è bravo, maledettamente bravo, e i suoi amici e il suo ragazzo? Un briciolo di comprensione che vada al di là della tolleranza? Macché, immoti e rigidi nel loro punto di vista, tanto che il secondo le rinfaccia di aver venduto l'anima al demonio per scarpe, cinture e camicette: un po' poco per un anno di vita della persona che ami. Forse un minimo approfondimento dell'analisi non sarebbe stato male... C'è ben di più nella precisione maniacale della direttrice: c'è tutta la potenza del sistema che fa da modello da almeno un secolo alla nostra cultura, il cocktail micidiale di successo, denaro, glamour, attività frenetica che annulla pensiero e capacità critica che dà rapidamente una dipendenza simile a quella da stupefacenti e fa apparire obsoleto ed insignificante tutto ciò che non gli appartiene o, peggio, gli si oppone. Film veramente niente male.
Anne Hathaway, la nuova Emily

2 commenti:

  1. meryl streep la trovo insopportabile SEMPRE.

    :(

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  2. Fino a qualche anno fa avrei concordato pienamente. Adesso devo ammettere che con l'età - e forse con un suo certo "alleggerimento" - mi è assai più tollerabile :o)

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