domenica 20 gennaio 2008

Tendo a evitare commenti sull'attualità, sia politica che di altro genere, per diversi motivi: un profondo senso di noia e di déjà vu, lo scarso agio con cui si gestisce in simili casi una posizione capace di aggiungere peso alle proprie idee, la caducità dell'esempio puntuale. Ci sono però momenti in cui la misura è veramente colma, come questi giorni, e cerco allora delle vie traverse per alleggerirmi l'anima. Oggi ho fatto una ricerca su Google Immagini con paroleLogo de Il Male chiave "male misura colma" alla ricerca di un'antica vignetta del Male... Quale sorpresa quando la prima voce proposta dal motore di ricerca si è rivelata essere... questo blog Ho scoperto così che la misura era già colma il 30 settembre 2005 e mi sono come sempre stupito della capacità umana di sopportazione e del brillante esempio di convivenza empirica con opposti inconciliabili nella vita del singolo - Maffesoli docet La qual cosa mi ha fatto decidere di devolvere il post che avevo in mente - questo cioè - a una piccola lezione di storia alternativa per chi non abbia avuto la fortuna di dover contendere le poche copie disponibili con i celerini. Come sempre ormai, in quest'epoca di patchwork e découpage, di mio ci metto poco: mi limito a segnalare l'interessante voce su Wikipedia e a constatare per l'ennesima volta una verità scomoda: in questo mondo ipocrita manca la ferocia cosciente, la statura morale necessaria a indignarsi e a sbeffeggiare i tanti che se lo meritano. E' pur vero che rischiano di essere ormai troppi, ma è proprio quando il gioco si fa duro... no? Dedico quindi quest'ennesimo ricordo di un tempo che fu ai protagonisti odierni, i vari Mastella, Ferrara, Cuffaro, Ruini e quanti altri campioni ci propone la Curia, aggiungendovi una ghiotta regalia: una vignetta e un sonetto, pensate un po', del Belli tanto per ricordare al buon Ruini lo spirito romano verso i pari suoi...

ER GALATEO CRISTIANO. II

Incontrai jermatina a Vvia Leccosa
Un Cardinale drento a un carrozzino,
Che, ssi nun fussi stato l'umbrellino,
Lo pijjavi p'er leggno d'una sposa.

Ar vedemmelo llì, ppe ffà una cosa,
Je vorzi dunque dedicà un inchino,
E mmessame la mano ar berettino
Piegai er collo e ccaricai la dosa.


E acciò la conveggnenza nun ze sperda
In smorfie, ciaggiontai ccusì a la lesta:
"Je piasce, Eminentissimo, la mmerda?"


Appena Su' Eminenza se fu accorta
Der comprimento mio, cacciò la testa
E mme fesce de sì ppiù dd'una vorta.


5 aprile 1835




P.S. Non posso esimermi dall'aggiungere al pacco regalo l'ultimo articolo in proposito di Eugenio Scalfari, uno dei pochi che ancora dispone dell'intelletto e della dignità necessari ad avere un'opinione propria

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