lunedì 25 gennaio 2010

Roger Dean - Flight of Icarus
È un problema. Occuparsi di Avatar in questo momento, a meno di non esser schierato con entusiasti o detrattori è un problema. Eppure da ieri che l'ho visto, di nuovo non so decidere. È anche vero che non sono di un granché d'umore e questo non aiuta. Da spettatore non posso che partecipare della meraviglia del nuovo formato (o medium o tecnologia) messo a punto da Cameron, riconoscere di aver passato quasi tre ore d'un fiato e di essermi debitamente esaltato alla vittoria dei buoni. Se non si chiede altroAvatar a un film direi che siamo a posto. Eppure... La prima cosa che mi viene in mente è uno dei mantra del marketing contemporaneo, tipo "With Canon you can". L'equivoco tutto occidentale e artificialista per cui solo con tecnologie sempre più sopraffine le doti creative dell'uomo possono dispiegarsi. Se la prendo da questo punto di vista trovo una storia qualunque in un packaging perfetto, la creatività mi sfugge. Non sto neanche a elencare gli esempi cinematografici di messaggi trasmessi con simili strategie rispetto ai quali vedo solo progresso tecnologico e minore finezza; penso piuttosto a universi estetici ripresi di sana pianta, come i mondi bidimensionali "canonici" di Roger Dean, un esempio dei quali apre il post. Questo Roger Dean - Butterfly Dragonqui sopra è appeso alle mie mura da trent'anni - sì, comincio ad avere un'età e non mi pare mi faccia un bell'effetto *lol* Penso anche alla saga di Thomas Covenant di Stephen Donaldson, col protagonista lebbroso qui, eroe di là e allo spessore quasi intollerabile dell'indagine. Penso agli indiani d'America, qui alti tre metri e blu, come i Puffi... Il metatesto che preferisco del film è "Non impariamo": cento e spicci anni dopo siamo gli stessi idioti brutali di ora, colonialisti e privi di qualunque sensibilità, che dalla rovina della Terra non hanno tratto alcuna lezione se non una coazione a ripetere che a questo punto può solo definirsi diabolica. Purtroppo me n'ero già accorto. Trovo poi Asimov, nella sua forma che più mi annoia, Gaia. E un altro immaginario artificialista nascosto nell'interfaccia in dotazione ai Na'vi e al resto del pianeta: non sarà la presa sulla nuca di Matrix, ma formalmente vedo poche differenze, come anche nelle similfibre ottiche che compiono l'ultimo miracolo. Fa parte del paradosso di base del film, la critica alla tecnologia realizzata con la punta di diamante della tecnologia disponibile. Una novità invece degna di nota è la reazione del pianeta, che finalmente non se ne sta buono da una parte, ma si stranisce come si deve e stronca lui i cattivi iperconfidenti. Questa potrebbe essere una buona novella: finora i cattivi sono sempre strapotenti e i buoni quattro gatti sgangherati, ma con un cuore così e una fede che raramente trova conferme. Le belve alleate sono una gradevolissima sorpresa, mentre una conferma meno esaltante dei processi attuali sta nell'indeterminatezza sessuale dei Na'vi: definire sexy l'eroina mi sembra un tantino esagerato, ma dev'essere che sono più vecchio di quanto non creda...
Il mondo Pandora

Nessun commento:

Posta un commento