domenica 20 novembre 2005

Mostra Burri. Gli artisti e la materiaAlcune questioni che la frequentazione dell'arte contemporanea spinge a mettere a fuoco con sempre maggiore precisione. Il tema della fiducia: opere di artisti come Uncini o Kounellis - di quella che potrei chiamare arte impegnata, civile o polemica - lo mettono in luce in tutta la sua importanza, con un riferimento più o meno cosciente alle osservazioni di Benjamin sull'aura dell'opera d'arte. Quanto un'opera d'arte è tale per pregi oggettivi e quanto lo diviene per una questione situazionale? L'ambiente nel quale la si incontra a suo modo certifica la sua essenza artistica, addossando in qualche modo al fruitore l'onere della prova, e lo stesso fa la dichiarazione dell'artista che un certo oggetto è un'opera d'arte e non un pezzo di cemento attaccato al muro o una balla di fieno. Credo che molta parte - forse troppa - dell'arte informale e povera contemporanea sia giocata sulla critica all'autoreferenzialità del mondo artistico e commerciale, che trasforma tuttavia le opere in lazzi e sarcasmi incomprensibili ai non addetti ai lavori.
Venere degli stracci - Michelangelo PistolettoTema dell'arte: già accennato più volte in questi appunti telematici. Il divorzio dalla componente estetica e artistica - nel senso del saper fare - rende l'arte contemporanea povera di pathos, inabile a suscitare il timore e tremore che fanno la sindrome di Stendhal. Come sottolineava oggi la guida - spagnola, per i miracoli della globalizzazione *grin* - il godimento dell'arte è ora subordinato alla conoscenza delle visioni critiche e filosofiche ad essa soggiacenti oppure non avviene. Il mio problema è quanto questa si possa chiamare ancora "arte" e non sia piuttosto la versione ridotta dell'arte che il razionalismo astratto contemporaneo può permettersi, l'unica che riesca a trovar posto nel suo universo sempre più freddo...
E questo porta al terzo tema: astrazione e materia. A mio modo di vedere, la poetica burriana è un atto d'accusa contro l'astrazione, è il recupero della potenza estetica della materia priva di intervento razionale senza l'abdicazione dell'autore alla sua manualità superiore
Grande cretto nero - Alberto Burrialla media. La creazione dei cretti è frutto di esperimento e applicazione, di studio ed empiria difficilmente replicabili da altri e il frutto vibra e si dà all'esperienza nel brivido dell'arte. Il passaggio dalla materia al disincarnato di Beuys e di tanta parte della contemporaneità - penso a Warhol e alla sua scuola, che affiora con potenza in Rauschenberg - mi sembra assolutamente degno di attenzione e riflessione, come anche la scomparsa della cornice che porta con sé la perdita del numinoso nell'arte e della sua dimensione sacra. Scomparsa nella percezione, incapacità percettiva più che mancanza tout court con il tono ulteriore di una magia libera di esplicarsi e colpire, destabilizzando spazio e menti. Il concetto di installazione - vedi la splendida Respirando l'ombra di Penone - sconquassa la tradizione pur restando in certi casi confinato tra mura. A quel punto la soglia è passaggio nella cornice, ammissione in un ultramondo?


Revolving Sphincter - Damien Hirst

1 commento:

  1. Mah, ho visto Burri più volte. Carino per la rottura degli schemi sia in materia di trama dell'opera d'arte, però non era del tutto originale, riprendeva in parte il primo Dada. Infatti verrà copiato dai New Dada poco dopo. Sembra, solo sembra, anche in parte il figliol prodigo del futurismo, così come le singole opere d'arte stimolano riflessioni in profondità da genio del marketing. Ma tutte insieme, se non ricordo male a Deruta, fanno venir il malditesta.

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