sabato 9 febbraio 2008

Into the WildA caldo, senza neanche starci a ragionare sopra, eventualmente poi scriverò qualcosa di più sensato su Ciottoli, ma adesso è il caso di buttar giù delle impressioni che poi sfuggono. Come il silenzio irreale alla fine del film, col pubblico che si guardava intorno quasi imbarazzato di essere in procinto di tornare alla sua esistenza fatta di cose e schemi. Attonito dall'essere forzato da uno scombinato ventitreenne americano a confrontare il paradosso dell'adesione spontanea e irriflessa alla vita nomade da lui vissuta per due anni e della sua risoluta, razionale, derivata negazione subito dopo, al riaccendersi delle luci. Quando l'idea di non avere un tetto, o un lavoro, o un futuro non è romantica ma terribile e scuoti la testa pensando che era ben strano, questo Chris McCandless e dopo tutto se l'è cercata... Eppure, se appena hai sentito quello stesso richiamo, magari in minore, non è difficile immaginarsi quanta forza gli sia servita per darci quel taglio. Quello che in una delle prime scene dà alle carte di credito, ai documenti e a tutti i simboli della struttura. Forbici e fuoco per un rito liberatorio, un sogno alla Rousseau o Thoreau, di quelli aut/aut che negano alla radice ogni forma di regola e legame, con lo stato o con la gente, in nome di una purezza naturale che dovrebbe restituirti a te stesso. Come se tu potessi essere senza gli altri, senza nessun altro. E Alex Supertramp, come si ribattezza giustamente all'inizio dell'avventura, è sempre solo, è sempre il terzo anche se non incomodo delle situazioni in cui si imbatte strada facendo, surreali, simpatiche, quasi sempre belle, a testimoniare che per un tratto la Fortuna è con lui e col demone immenso che porta in sé. Queste vite che tocca ne sono rigenerate, perché lui è pura pulsione ad errare e tragedia appena sotto la superficie, scosse e restituite a un'effervescenza anche dolorosa. Ma non lui, che ha solo una cosa in testa: l'Alaska, il mitico Nord e il senso della sfida. In questo, forse, è più occidentale di quanto non sospetti: la rinuncia ai mezzi, al denaro ha una componente agonistica formidabile, oltre quelle etiche e filosofiche più ovvie, e il diario del soggiorno nel Magic Bus segnala prove e traguardi, quello che in Oriente si chiamerebbe un intento poco in accordo col sogno di armonia. Un dissidio insanabile, così nostro, tra Natura e Cultura, con quei cieli sfregiati da aerei ossessivamente ripetuti, come visi sfregiati, come un costante atto di accusa. E un altro livello forse troppo accentuato, l'americana ossessione parentale che addita nelle colpe dei genitori la sorte dei figli. Credo che Chris McCandless fosse molto di più del figlio di una coppia infelice. Era un viandante che aveva frainteso il senso della libertà e che si è accorto troppo tardi che "la felicità è reale solo quando è condivisa".
Emile Hirsch in Into The Wild

2 commenti:

  1. Guarda...mi hai convinta con le tue parole. lo andrò a vedere........ma i prossimi film..se li commenti cosi....li vengo a vedere con te!!!

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  2. Gracias :) mi è piaciuto proprio tanto, sono contento che si senta!

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