venerdì 2 maggio 2008

«Gli antichi Greci tenevano in gran conto l'educazione fisica e avevano adottato la politica di incoraggiare le competizioni atletiche con premi importanti. Stranamente, però, non ho mai trovato scritto da nessuna parte che abbiano attribuito qualche riconoscimento alla sapienza degli studiosi, cosa che ho sempre considerato un mistero [...]. Tre giorni fa, tuttavia, nel corso delle mie ricerche nel campo dell'estetica, di colpo ne ho scoperto la ragione, dissipando un dubbio che mi tormentava da anni [...]. E chi credete che abbia spiegato questa contraddizione, che abbia fatto emergere per l'eternità dal profondo delle tenebre il mio dubbio? Il più grande studioso di tutti i tempi, il famoso filosofo greco della scuola peripatetica, Aristotele in persona. Secondo la sua teoria, se i premi che i Greci assegnavano nelle competizioni valevano di più delle capacità di coloro cui venivano attribuiti, era perché costituivano, oltre a una ricompensa, anche un incoraggiamento. Ma se avessero dovuto premiare la sapienza, cosa avrebbero potuto offrire che valesse di più della sapienza stessa? Esiste al mondo qualcosa del genere? Ovviamente no. E offrendo qualcosa di più vile, avrebbero finiro con il ledere la dignità della sapienza.»

Natsume Soseki, Io sono un gatto, Vicenza, Neri Pozza, 2006, pp. 168-169

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