sabato 25 marzo 2006

V per VendettaBisogna avere il caos dentro di sé per generare una stella che danza
F. Nietzsche

Esperienza potente, estetica, politica, interiore. Come direbbe il Palomba, "popo umberfirm". Va al di là del legittimo e prevalente accostamento alla realtà odierna di molte nazioni occidentali e centra uno dei nodi del nostro tempo: il rapporto tra paura e dignità. Direi di più, tra paura e sostanza umana. Come il terrore primordiale, la piena montante alimentata con vigore da media e governi (in primis gli americani, come insegnava Moore in Bowling a Columbine, poi gli altri portatori d'acqua a seguire) paralizza e allontana l'autonomia critica e spirituale, la coscienza stessa, scongiura ogni forma di dibattito e confronto, lasciando alla riva sempre più simulacri umani, sempre meno uomini.V Il contrasto tra volti vuoti e maschera piena è uno dei centri del film, un ponte potente al transpersonale, che sia ideale o forza demonica poco importa. E al tempo stesso si tematizza il dialogo numinoso tra caos, etica e speranza. Il dittatore usa il primo come spauracchio, mentre il "terrorista" - e qui prevedo dibattiti a non finire, con scarsissima attenzione all'evidente connotazione contestuale del giudizio di valore implicito - ne incarna la valenza fertile e contraddittoriale, l'essereV l'alfa e l'omega di tutto. Egli è il consuntivo della cultura che c'è stata, la sua nemesi e il germe di quella che sarà, forse. Sperabilmente. E' colui che racconta le storie che nessuno è più in grado di sapere, né vuole ascoltare ed anche qui bella è l'intima connessione tra racconto e umanità, resa con iconica perfezione nella biografia clandestina di Valérie. Il valore del racconto, in un legame simmeliano tra forma e contenuto, si dà poi a vedere nella sceneggiatura. Nelle citazioni shakespeariane, nell'allitterazione percussiva della V nella prima presentazione. E l'arte di Gabriele Lavia credo per una volta non faccia rimpiangere la recitazione del magnifico Hugo Weaving, eternamente celato dietro la maschera - peraltro splendida - di V. Ci sarebbe molto altro, in particolar modo - come dicevo - in un rapporto troppo stretto con l'oggi. Sarebbe far torto al valore immaginale del film, tuttavia, dargli troppo peso, negare l'esperienza estetica di ebbrezza e liberazione che le ultime sequenze di distruzione e gioia leggera trasmettono. Fuochi d'artificio sulla rovina, la vita che trionfa di se stessa e delle forme oscene che a volte la costringiamo a rivestire.
L'esercito dei V

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