venerdì 13 gennaio 2006

Leggo un trafiletto di Enzo Siciliano sull'Espresso 52/2005 (p. 145) a proposito della nuova traduzione delle Metamorfosi di Ovidio e non posso fare a meno di citarne un passo:

Non c'è sosta alle trasformazioni. Questa certezza, testimoniata attraverso una serie di esemplificazioni colte sul ritmo incessante dell'esametro, sembrerebbe anche mettere in questione il fondamento del pensiero classico, il principio di identità aristotelico. Ciò che sensibilizza la poesia di Ovidio è l'impossibilità a concepire che "A" sia sempre uguale ad "A". Interviene la passione di un Dio, la sua ira, la sua lussuria, il suo senso di pietà, il suo orgoglio ed "A" diventa un'altra cosa, cambia sostanza, aprendosi il mondo a un'illimitata libertà.

Il testo è lievemente modificato - corretto, direi - a causa del pressappochismo imperante ormai in ogni dove, che permette raramente di leggere una pagina libera da refusi o errori veri e propri. Resta tuttavia una lettura limpida che, al di là del contenuto iniziatico dei versi di Ovidio, ne identifica un livello di lettura sul quale è vitale ricominciare a riflettere.

Nessun commento:

Posta un commento